Un evento aziendale costituisce sicuramente un investimento per l'azienda, ma è molto più importante di quanto sembri sia per i dipendenti che per potenziali partner. In un'era in cui parliamo tanto di User Experience e contenuti personalizzati, anche un appuntamento corporate deve trasformarsi in un'esperienza concreta da vivere, che crei empatia tra le persone e il brand e che lasci ricordi piacevoli ai partecipanti. Intendo dire è che anche un evento aziendale è uno strumento di marketing. In questo la visual identity del brand è la vera protagonista della festa. Ma perché l'immagine coordinata è così decisiva per la comunicazione aziendale di un evento corporate? Scopriamolo insieme.
La prima domanda da porti se vuoi organizzare un evento aziendale è: "a chi è rivolto?" Collaboratori? Dipendenti? Consumatori finali? Pubblico in generale? Definire i destinatari implicherà anche obiettivi diversi ma anche un differente corredo dell'immagine coordinata, a partire dai gadget (che non devono mai mancare). Infatti, oltre ad un'immancabile esperienza emotiva, un evento di successo deve essere intessuto di continui rimandi al brand. Non dimenticare che la prima funzione immediata di un appuntamento del genere è l'incremento della brand awareness.
L'organizzazione di un evento è costituito da tre macro momenti: la fase di preparazione e lancio, l'evento in sé e la fase post-evento in cui si tirano le somme e si sanciscono le relazioni nate sulla scorta dell'emotività. ovviamente ognuna di questi tre fasi richiede un'adeguata immagine coordinata che leghi l'evento al brand. Dagli inviti ai gadget, fino all'eventuale menù, all'angolo selfie e alle card di ringraziamento, ogni elemento deve essere coerente con l'immagine aziendale per rafforzare la brand awareness.
Ma come determinare gli elementi grafici che caratterizzeranno l'evento aziendale?
Innanzitutto bisogna stabilire il tipo di evento da organizzare e di conseguenza individuare i colori che lo caratterizzeranno influenzando il modo in cui i partecipanti percepiranno il tuo evento. Ovviamente però questa scelta non può ignorare i colori o il logo dell'azienda, che in un modo o nell'altro devono emergere chiaramente per ricollegare costantemente l'evento al brand.
Secondariamente, bisogna elaborare lo storytelling dell'evento per migliorare l’identità visiva del convegno, del party o dell'open day. Per il successo dell'evento è fondamentale sorprendere i partecipanti, magari realizzando inviti originali e accattivanti oppure raccontando la nascita del brand con animazioni piuttosto che proiettare il solo logo statico su una parete.
Il primo vantaggio è trasversale a qualunque tipo di evento aziendale. Infatti ogni occasione di questo tipo funziona come cassa di risonanza per il marchio; innesca un passaparola virtuoso che farà crescere la considerazione del brand creando notorietà e ponendoti in una posizione più smart nei confronti dei tuoi competitor. In una sola parola, come già abbiamo accennato, un evento aziendale accresce la brand awareness dell'azienda. In quest'ottica è a maggior ragione strategico elaborare gadget brandizzati che si trasformino in veicoli di comunicazione capillari, la cui carica pubblicitaria non si esaurisce nel giro di poco tempo ma anzi dura a lungo sotto forma di calamita su un frigorifero o di ombrello sotto la pioggia in città.
Un secondo vantaggio è di carattere empatico e consiste nel legame emotivo nei confronti dell'azienda. Questo vantaggio vale sia per eventi dedicati ai propri dipendenti che per altri volti a creare nuove partnership, così come per appuntamenti destinati direttamente ai consumatori finali. Infatti vivere in prima persona un'esperienza offerta dall'azienda, in linea con i suoi valori e il suo tono di voce, consente ai partecipanti di entrare in sintonia con il brand sentendosi parte di una community ma allo stesso tempo speciali.
Per riuscire a fondere lo spirito dell'evento con l'identikit del brand, è necessario affidarsi ad un graphic designer professionista che sappia trovare il giusto equilibrio attraverso un'identità visiva dell'evento accattivante e coerente con la brand identity. Infatti, improvvisare la tua immagine durante un evento è rischioso perché potrebbe generare effetti contrari rispetto a quelli che ti aspetti e anche in questo caso funzionerebbe bene il passaparola!
Poter contare su un'identità di marca coerente e trasversale a qualsiasi mezzo di comunicazione è fondamentale, soprattutto per non smettere di presidiare la mente dei tuoi clienti nel passaggio tra i canali online e i supporti offline. Ma come fare? È a questo punto che corre in aiuto il brand book: un documento prezioso per definire le linee guida della visual identity dell'azienda. Non dimenticare che è il dettaglio a fare la differenza, conferendo alla tua azienda un’appagante aura di professionalità.
In questo articolo voglio spiegarti di cosa si tratta e quali sono gli elementi dell'identità visiva della tua azienda che un brand book ben fatto ti consentirà di maneggiare con agilità e appropriatezza.
Si tratta di un vero e proprio manuale che determina gli elementi grafici e visivi che rendono riconoscibile una marca e ne veicolano i valori in qualunque contesto. Potremmo definire il brand book un libretto delle istruzioni per la tua immagine aziendale; o ancora una guida allo stile che raccoglie ed elenca tutte le informazioni necessarie per confezionare graficamente qualsiasi tipo di documento prodotto dalla tua azienda. Che sia un sito web, un report, una brochure, una pubblicità o un post social, questo vademecum renderà la creazione di qualunque contenuto più veloce e facile da creare.
Prima ancora di soffermarsi i vantaggi che un brand manual rappresenta per la tua azienda, devi sapere quali sono i "capitoli" che costituiscono la Bibbia della tua identità visiva.
Il logo è l'elemento più evidente e ricorrente dell'identità visiva di una marca, per questo è fondamentale che sia sempre coerente. Di conseguenza, alla voce "logo" del tuo brand book saranno raccolte tutte le specifiche del segno distintivo del tuo brand: il disegno dettagliato, la posizione degli elementi e la loro distanza, la distribuzione degli spazi vuoti e ovviamente il colore. Tra le altre informazioni da inserire in questa sezione del libro ci saranno le eventuali varianti del logo in funzione delle attività del business, le potenziali versioni orizzontali o verticali e le dimensioni minime per la stampa. Una delle specifiche che non devono mai mancare è l’area di rispetto del marchio: lo spazio libero da garantire attorno al logo, necessario per garantire la leggibilità dello stesso.
Ma prima ancora di inserirlo nel brand book, come capire se il logo che identificherà la tua marca è ben fatto?
Anche la coerenza del font ti fa sembrare professionale. Ma non parliamo solamente del font che caratterizza il tuo logo. In questo capitolo del tuo brand book saranno esposte chiaramente le regole che definiscono quali caratteri tipografici utilizzare per i testi inclusi nelle strategie di comunicazione, a seconda della posizione e della funzione. Ad esempio, se il font de logo dovrà essere usato anche nei titoli delle pagine web (pur citando possibili varianti di stile e di colore), il “body copy font” destinato ai testi descrittivi o below the line dovrà essere ugualmente specificato. Tra le informazioni raccolte è necessario specificare anche la spaziatura tra le righe e la distanza dal margine della pagina.
Un'altra distinzione da prevedere è poi quella tra i testi offline e quelli destinati al web. Solitamente si scelgono font serif per i materiali da stampare e caratteri sans serif per testi digitali. Ovviamente è importante che i font funzionino bene insieme esteticamente, ma non va trascurata la loro aderenza ai valori trasmessi dal brand.
A tal proposito puoi leggere l'approfondimento: Scegliere un font per logo in base alle emozioni che evoca
La scelta della giusta palette di colori e la sua costante riproduzione potrà rivelarsi uno degli aspetti più importanti per la riconoscibilità del tuo brand. Se vuoi costruire un brand book utile ed efficace non dovrai allora dimenticare di approfondire questo capitolo. Le tavole inserite in questa sezione del libro definiranno i colori primari, la palette secondaria e le combinazioni cromatiche identificative della tua visual identity. I colori del tuo brand non si limitano infatti a quelli previsti nel logo: quelli destinati agli sfondi, ai testi messi in evidenza o ai pulsanti delle call to action sul tuo sito web concorrono a definire la tua immagine aziendale. Ovviamente, seppure le combinazioni dei colori siano infinite, quelle vincenti prevedono una selezione ristretta basata sulle palette che accompagnano meglio i valori del tuo brand.
Un graphic designer professionista annoterà i riferimenti dei colori con valori in CMYK per la stampa, RGB, HEX e Pantone® per gli impieghi digitali. Non solo: un freelance esperto sa bene quanto sia importante evitare discrepanze tra i colori della comunicazione online e quelli sui supporti cartacei.
Un altro aspetto che solitamente viene tralasciato, ma che risulta invece sostanziale per l'identità visiva della tua azienda, ha a che fare con la scelta di immagini e illustrazioni. Pensa ad esempio quanto sia influente nella percezione complessiva di un brand la scelta di utilizzare solamente foto in bianco e nero, oppure la decisione di ricorrere solamente a illustrazioni. Le linee guida in questa sezione del brand book definiscono quindi se ricorrere a fotografie, a illustrazioni o ad entrambe (e in quest'ultimo caso come dovrebbero interagire tra loro). Ma tra le informazioni che troverete in questo manuale ci saranno anche le fonti da cui scaricare le immagini o le modifiche che possono essere apportate.
Oggi essere presenti e mostrarsi online è indispensabile per intercettare nuovi clienti e rendersi riconoscibile. Per questo il tuo presidio web, il tuo sito, dovrebbe riflettere il tuo marchio in stile, colori e tone of voice prima ancora di qualunque altro contenuto digitale. E sebbene i suddetti elementi potresti tradurli dalla stampa all'online, esistono alcune zone inedite del web che per essere brandizzate vanno definite da zero. Un esempio è il layout del sito, ma anche i tasti per le call to action delle tue landing page, o ancora la grafica personalizzata per il caricamento delle pagine.
Finora ho descritto le sezioni del brand book relative alla visual identity della tua azienda rivolgendomi direttamente a te. Probabilmente prima o poi ti sei chiesto: "quindi dovrei farlo io questo brand book? Non saprei davvero farlo!". Ovviamente la risposta è no: non spetta a te stilare questo documento, ma al graphic designer a cui sceglierai di affidare il progetto. Un designer esperto non sa solamente realizzare un logo o definire un'identità visiva coerente, ma conosce anche tutte le informazioni e le linee guida necessarie per rendere autonomo il tuo progetto di visual identity.
Nel momento in cui il graphic designer ti fornisce un brand book ti sta letteralmente affidando tua stessa identità visiva, della quale in futuro si prenderanno probabilmente cura i tuoi dipendenti. Ecco perché è fondamentale che questo documento sia dettagliato ed esploda l'identità del tuo brand sotto ogni aspetto.
Ma quali sono le effettive applicazioni e i vantaggi di un brand book? Scoprilo nel prossimo articolo.
La scelta del font può davvero fare la differenza nella costruzione di una branding strategy forte e coerente. Analizziamo gli errori più comuni e gli aspetti a cui prestare attenzione per comunicare il giusto messaggio attraverso il font.
Il font è il mezzo che permette di applicare un carattere. Mentre Helvetica è un carattere (typeface), il file helvetica_semibold.otf è un font. Per spiegarlo meglio possiamo dire che se il carattere è una foto, il font è il file .jpg che ci permette di visualizzarla su un device.
Pulizia e semplicità, prima di tutto. Spesso si confonde la creatività con la stravaganza scegliendo caratteri astrusi perché considerati più “cool”. In realtà bisogna stare molto attenti al concetto di legibility e readability.
La legibility o leggibilità di un carattere è una caratteristica oggettiva che ha a che fare con la struttura grafica del singolo carattere tipografico come lo spessore, la presenza o meno di grazie, il kerning, la spaziatura o l’interlinea. Non ha niente a che vedere con i gusti personali. Basta mettere a confronto un font calligrafico come Signatura con uno estremamente facile da leggere come Lucida per capire subito questo concetto.
I font più utilizzati nel mondo del web sono quelli più leggibili come Roboto, Montserrat, Lato, Playfair, Lora.
La readability o leggibilità di un testo è invece un fattore complessivo da cui dipende non solo il tipo di carattere, ma anche altri fattori come la divisione in paragrafi, l’allineamento e la giusta regolazione dell’interlinea.
Nel processo creativo che accompagna la scelta del font, vado prima di tutto a definire l’obiettivo. Cosa voglio suscitare nel lettore/cliente che visualizza questo testo per la prima volta? Che tipo di reazione deve avere?
Facciamo un esempio. Pensiamo ad una gioielleria come cliente.
Possiamo pensare a due strade: un font corsivo per rimarcare la sua eleganza o un font geometrico e lineare come un Sans Serif che comunica professionalità e modernità allo stesso tempo.
Per decidere meglio la “strada” da prendere, possiamo affidarci a quattro aspetti fondamentali:
Una volta che abbiamo trovato un font adeguato alla categoria merceologica del cliente, esteticamente bello e leggibile, capace di suscitare le emozioni e le reazioni al messaggio che ci aspettavamo e in grado di comunicare l’immagine aziendale insieme ai giusti colori, bè, allora il gioco è fatto!
Marketing. Al solo sentire nominare la parola le reazioni generali, soprattutto dei “non addetti ai lavori”, sono spesso le stesse: ritrosia, diffidenza, dubbio. Se poi si prova a parlare di marketing territoriale le espressioni perplesse aumentano. Eppure, se affianchiamo queste parole al logo e alla scritta “I ♥ NY”, ecco che qualcosa cambia.
Se davvero il marketing territoriale non esistesse (e non funzionasse) e il city branding suonasse esclusivamente come un concetto astratto… Come potremmo spiegare il successo internazionale del marchio che, con un solo sguardo, tutti associamo alla Grande Mela? Promuovere una città e far entrare nell’immaginario collettivo il logo che la rappresenta è quindi un’operazione attuabile. E “I love New York” lo dimostra perfettamente.
L’idea di raccontare New York attraverso lo studio di strategie di marketing territoriale forti nasce da un’esigenza particolare. Quella di rilanciare la città e la sua immagine, in un periodo particolarmente buio. È il 1977, la Grande Mela rischia la bancarotta, la criminalità si riversa quasi in ogni strada e ancora si fanno sentire gli effetti della crisi petrolifera del 1973. Chi deciderebbe di visitare un luogo simile? L’ufficio del turismo dello Stato di New York non può far finta di niente: c’è un immaginario da ricreare in modo positivo e raggiungere l’obiettivo richiede un lavoro consistente.
L’impresa sembra ardua, ma la soluzione c’è e non è neanche troppo nascosta. Se la cronaca non ha fatto altro che alimentare la pubblicità negativa riguardo la città, bisogna puntare tutto sulla comunicazione positiva.
Così si decide di investire ben 4 milioni per la campagna “I love New York”. La strada è quella giusta, però serve qualcosa in più degli spot che elogiano il territorio e non è sufficiente nemmeno il jingle affascinante che richiama il nome dello Stato. C’è bisogno di un marchio. Un’immagine che diventi universalmente riconosciuta, qualcosa che crei una comunicazione visiva capace di divenire immortale. E allora ci pensa Milton Glaser.
Milton Glaser, designer e illustratore statunitense. Tra i maggiori grafici dell'età contemporanea, principalmente conosciuto per il celeberrimo logo I Love New York (1976), il suo poster di Bob Dylan (1966, che vendette oltre 6 milioni di copie divenendo un'icona della gioventù anni sessanta e settanta), il logo DC Bullet utilizzato dalla DC Comics dal 1977 al 2005. Con Clay Felker ha anche fondato il New York Magazine nel 1968. [ Wikipedia ]
Il logo nasce sui sedili di un taxi: nel corso del tragitto verso il suo ufficio, il designer ha infatti un’intuizione. L’idea di utilizzare il semplice slogan “I love New York” già rimbalzato negli spot viene soppiantata all’improvviso. Il messaggio deve passare in modo velato e allo stesso tempo ovvio, così da soddisfare le richieste dell’Ufficio del turismo e aggiungere quel tocco in più. È con queste caratteristiche, dunque, che Glaser disegna su un foglio bianco con un pennarello rosso la nuova bozza. In pochi minuti nasce I ♥ NY.
In pochi caratteri il logo racchiude parole, emozioni (il cuore rosso che spicca al posto delle lettere) e una sigla (NY, che riassume in modo inequivocabile le iniziali dello Stato e, di riflesso, della città di New York). Chiaro, immediato e simbolico. Stampato su maglie, tazze e gadget di ogni tipo, oggi il marchio genera profitti che superano i 30 milioni di dollari l’anno. E pensare che Milton Glaser lo realizzò pro bono per il bene della città. Una città per la quale ha sempre dichiarato amore e che gli deve, ancora dopo tanti anni, moltissimo.
Storia, leggenda e informazioni su I ♥ NY a parte, quale impatto può avere il marketing su chi decide di puntare sulla comunicazione visiva anche nel settore del turismo e della promozione del proprio territorio? In un mondo ormai globalizzato, il locale ha bisogno di trovare nuove modalità per esprimersi e raggiungere un pubblico abituato ad avere tutto a portata di mano, ma allo stesso tempo curioso di riscoprire luoghi e città sconosciute.
Se realizzato da professionisti e frutto di lavoro, impegno, studio e conoscenza dei luoghi che si vogliono promuovere, il marketing territoriale e una comunicazione puntuale possono perciò diventare un ottimo alleato del turismo. E “I ♥ NY” ce lo dimostra. Abituati a correre e a sentir scorrere in sottofondo messaggi promozionali, immagini e frasi banali, non basta affidarsi al passaparola o a uno slogan che a primo impatto possa sembrarci efficace. Anche l’intuizione più geniale ha infatti bisogno del supporto di analisi, prove e valutazioni specifiche affinché si possa ottenere una promozione del territorio ben riuscita e, soprattutto, a lungo termine. In questo processo la creazione di un logo strutturato ed evocativo si mostra quindi un ulteriore arma vincente per rivelare l’anima del luogo che si sta cercando di raccontare.
E allora… La parola marketing ci sembra ancora così ingannevole? Modi per incrementare il turismo ce ne sono, bisogna solo affidarsi a chi sappia raccontarli e scoprire che una comunicazione diversa è possibile.
Non è più solo un logo, trasmette emozioni. Rappresenta lo spirito di New York ". Rahimpour su I ♥ NY
Distillata per la prima volta nel 1904, la Carlsberg una birra pilsner, è il marchio di punta del gruppo Carlsberg fondato nel 1847 a Copenaghen. Definita dal 1973 "Probabilmente la migliore birra del mondo" - come recita il suo slogan - Carlsberg è stata creata da Carl Jacobsen, figlio del fondatore del gruppo Carlsberg J.C. Jacobsen, attualmente è distribuita in oltre 150 mercati.
Dalla pagina del blog di Taxi Studio: "Abbiamo collaborato con Carlsberg a un importante rebrand globale, unificando i suoi diversi mercati con un sistema di identità semplice ma versatile che sostiene i principi del grande design danese ... Dopo una lunga ricerca sul patrimonio di 171 anni del marchio, i famosi elementi del marchio Carlsberg sono stati attentamente rielaborati per la prima volta in diversi anni, trovando il perfetto equilibrio tra forma e funzione. Queste risorse si uniscono per formare un sistema di identità coerente, basato sul marchio principale che funziona attraverso packaging, promozioni e materiali POS (point of sale) per tutte le varianti globali di Carlsberg. Gli elementi centrali includono il logo, la foglia di luppolo, la corona e il carattere del marchio, così come la firma del fondatore di Carlsberg JC Jacobsen."
Il logo Carlsberg è praticamente lo stesso sin dalla sua nascita. Evolutosi in oltre 100 anni di innovazioni tecnologiche fino a quello che conosciamo oggi, è un marchio estremamente riconoscibile ma con un lettering non molto raffinato.
Il nuovo logo mantiene tutto sull'originale ma gli conferisce un aspetto decisamente essenziale, assottigliando le lettere e accentuando alcune delle sue particolarità, come la "r" verde e la "C" dalla forma non convenzionale.
Ci sono alcuni miglioramenti interessanti in questo logo. Il posizionamento della foglia di luppolo, che ora è incastonata in modo più naturale sopra la tacca della "r", o la legatura che unifica la parte "ber", unendo in modo più armonioso una lettera all’altra. Qualche piccolo dubbio sull’unione tra le lettere L e S che appare molto netta e forzata rispetto al resto delle lettere.
La nuova bottiglia ha un aspetto più semplice e pulito, con un design più “vecchio stile”. Il design, in generale, sembra bello e dimostra attenzione e cura ai dettagli, per quanto l'etichetta possa sembrare meno interessante e più anonima rispetto a quella della versione precedente.
Dal comunicato stampa: "Carlsberg ha annunciato oggi una serie di innovazioni rivoluzionarie tra cui il suo nuovo Snap Pack, che è impostato per ridurre globalmente lo spreco di plastica di oltre 1200 tonnellate all'anno - l'equivalente di 60 milioni di sacchetti di plastica. Lo Snap Pack sostituisce l'involucro di plastica usato attorno alle sei confezioni di Carlsberg con una tecnologia pionieristica che incolla le sue lattine insieme. Prima al mondo per l'industria della birra, ridurrà fino al 76% la quantità di plastica utilizzata nei tradizionali multi-pack."
Nel complesso è un'evoluzione ben progettata.
L'intera identità di Carlsberg è stata sviluppata in piena armonia con il logo, rendendo la comunicazione visiva dell'azienda più flessibile e accessibile.
L'arcipelago maltese si trova al centro del Mediterraneo, è costituito da tre isole: Malta, Gozo e Comino.
Malta è l'isola più grande e il centro culturale, commerciale e amministrativo. Gozo è la seconda isola più grande ed è più rurale, caratterizzata da pesca, turismo, artigianato e agricoltura. Comino, la più piccola dei tre, ha un hotel ed è in gran parte disabitato.
Il vecchio logo di Malta Tourism Authority, abbastanza discutibile e un po’ bruttino, era composto da un carattere in stile consumato, ma ciò che maggiormente stonava era il contrasto, oltre al poco equilibrio, tra la scritta in Helvetica e la Croce di Malta. Senza alcun dubbio l’intento era utilizzare un visual giocoso per raccontare un luogo in modo divertente.
Il nuovo logo, presentato a maggio in Italia nella sede di Malta Tourism Authority Italia, ha uno stile più professionale e meno turistico che punta a stabilire e rafforzare il ruolo ufficiale dell’ente del turismo di Malta.
Il design dell’icona è basato sulla croce di Malta, ai quattro elementi a forma di V della croce è applicato uno dei colori del tradizionale Luzzu (in italiano luzzo, una tradizionale barca da pesca delle isole maltesi) - rosso, giallo, blu e verde - che rappresentano anche il sole, la sabbia, il mare e la terra. Tutti gli elementi grafici del pittogramma terminano in 3 punti, ognuno dei quali vuole rappresentare idealmente le isole di Gozo, Malta e Comino.
A ciascuna delle tre isole può essere assegnato un colore, con il rosso sempre al centro, che rappresenta la bandiera del paese e Malta come cuore del Mediterraneo.
La sua quantità di colori sicuramente punta a rendere l’icona facilmente distinguibile benché, a mio parere, ricordi troppo il trend dei vari marchi di promozione turistica.
Le varie applicazioni d’uso appaiono un po’ troppo aziendali, più simili a un'identità governativa che all'identità visiva per un bella destinazione turistica nel Mediterraneo.
Investire nel branding territoriale è un passo fondamentale per ogni destinazione turistica che voglia comunicare le proprie eccellenze.
L'unicità e il carattere distintivo devono essere i cardini principali di ogni marchio, l'eccessiva somiglianza tra i vari brand turistici, alla lunga, potrebbe diventare un motivo penalizzante.
Ogni tanto bisognerebbe osare, provando a uscire dai cliché proponendo qualcosa di diverso, fuori dagli schemi.
Entrare nell’ottica di cosa fa un graphic designer significa anche comprenderne il modo di lavorare e le caratteristiche che lo differenziano rispetto agli altri. Oltre alcuni punti fermi dai quali è imprescindibile partire, ogni designer ha infatti un proprio stile. E, se avete un po’ curiosato sul sito, il mio è facilmente riconoscibile.
Per questo, dopo aver spiegato cos’è un logo e qual è il processo creativo alla base di un prodotto che soddisfi il cliente, oggi voglio portarvi alla scoperta di un lavoro realizzato per un cliente, il fotografo Giulio Pugliese.
Obiettivo: spiegare come l’approccio cambi a seconda del cliente e del messaggio che vuole comunicare, pur mantenendo un’impostazione di base e uno stile chiaro e definito del designer.
Giulio Pugliese è un fotografo specializzato nel settore del wedding e del travel, e questi sono stati i punti di partenza per il mio lavoro. Ho ascoltato la storia di Giulio, per capire come rappresentare al meglio la sua attività. Fotografia, wedding e viaggi (quindi il mondo della natura) sono diventati perciò i protagonisti di quella storia che avrei dovuto racchiudere in un'unica immagine. Il logo che sarebbe dovuto nascere dalle mie ricerche e dalla mia creatività doveva esser capace di raccontare al primo sguardo Giulio Pugliese, un ragazzo dinamico e talentuoso che si è rivolto a me con un obiettivo ben preciso: trasmettere, attraverso una nuova identità visiva, professionalità e innovazione.
Primo passo: studiare il mondo dei fotografi, i loghi utilizzati, l'identità visiva più in voga tra i competitors… E allontanarsene.
In questa fase mi sono imbattuto in una scelta diffusa volta all’uso della scrittura calligrafica per presentare il nome del fotografo. In alternativa, a prevalere nei loghi fotografici, era il più semplice diaframma della macchina fotografica, così da far aver chiaro fin da subito il settore di riferimento dei professionisti in questione. Dovevo fare qualcosa di nuovo, di diverso; qualcosa che tuttavia fosse vicino alla personalità e alla professionalità di Giulio.
I paletti posti dal cliente erano pochi e molto vicini al mio stile: il logo doveva esser minimale ma nello stesso tempo elegante, innovativo ma con un occhio vigile sulla sua professionalità. Un logo che, inoltre, potesse esser fruibile sia online che nella comunicazione offline.
Niente, dunque, di banale.
Dopo la ricerca sono tornato a concentrarmi sul cliente. Chi è Giulio e cosa fa, sono diventate le domande che mi hanno accompagnato in tutto il percorso, e mi hanno aiutato a cercare risposte ad ogni passo.
L’idea è nata focalizzandomi sui due elementi principali della fotografia del mio cliente: wedding e travel.
Il wedding, un perfetto richiamo alla parte elegante, minimale e anche di ricercatezza, si incontra nel lavoro di Giulio Pugliese con il lato del travel, più selvaggio, vissuto, legato alla natura. Il wedding ancorato a colori più tenui, pastello, pronto a incontrarsi e sporcarsi con quelli della terra, legati alla natura, mostrati frequentemente attraverso i reportage fotografici in stile National Geographic, nei quali mi sono immerso.
Così sono risalito ai reportage di un tempo e il richiamo alla fotografia tradizionale mi ha fatto imbattere nell’immagine, oggi quasi dimenticata ma ancora estremamente romantica, del rullino.
L’ispirazione, a quel punto, era dietro l’angolo, direttamente collegata a una particolare figura geometrica: la spirale.
Quest’ultima nasce infatti da quella che è la sezione aurea, un concetto centrale nel design e nella fotografia, ma non solo. Le misure auree sono utilizzate ad esempio per la progettazione del Partenone, nei dipinti di Leonardo e in molte altre opere che spaziano dalla musica all’architettura, dall’arte alla natura.
Queste misure sono identificate come le proporzioni divine della bellezza e la spirale aurea, utilizzata per il logo di Giulio Pugliese, è un elemento presente in natura. Come? Se pensiamo al nautilo o la semplice lumaca, a diversi fiori e piante o anche alle scale definite appunto “a chiocciola”, ci renderemo conto già solo con uno sguardo veloce della loro forma a spirale. Ed eccoci allora tornati alla presenza della proporzione aurea, in natura come in fotografia, dove si presenta come una delle prime nozioni da imparare se si vuole entrare in questo mondo.
Già fin qui l’idea di usare la spirale risultava perfettamente in linea con l’identità di Giulio Pugliese. Ma la scelta non si è fermata solo a queste analisi. Un altro elemento caratterizzante che mi ha fatto trovare la quadra è stata ancora una volta la forma della spirale. Vista dall’alto infatti mi ricordava proprio un vecchio rullino fotografico aperto. A questo punto tutto quadrava.
Ho iniziato a lavorare alla mappa concettuale, cercando di trovare la forma migliore che potesse creare la sintesi necessaria con l’idea iniziale del monogramma (che mi è sembrato in questo caso la scelta vincente, visto che quello di Giulio Pugliese era il perfetto esempio di un personal branding).
Tante sono state le prove e poi.. L’intuizione finale: la forma della spirale, con determinati tagli, si dimostrava perfetta per richiamare, in modo chiaro ed elegante, le due lettere iniziali del nome e cognome del mio cliente, G e P.
Le proposte erano a quel punto pronte per esser presentate a Giulio, che è rimasto particolarmente soddisfatto del lavoro. E, si sa, la soddisfazione del cliente determina anche quella del grafico.
Ogni graphic designer ha i suoi “ingredienti” per arrivare all’obiettivo. Ce ne sono alcuni però che non possono mancare. Precisione, cura per i dettagli, attenzione per ogni fase del processo e la giusta creatività.
E, anche nella progettazione del logo di Giulio Pugliese, nessuno è stato dimenticato.
Esposizione Universale e Coloniale di Lione 1894 - Osservando un mucchio di gomme accatastate simile a una silhouette umana, i fratelli Michelin notarono che, con l’aggiunta di un paio di braccia, avrebbe potuto assomigliare a un "omino".
Nel 1898, guardando uno schizzo pubblicitario (una grande figura regale con in mano un enorme bicchiere di birra e la frase di Orazio "Nunc est bibendum") disegnato da Marius Rossillon, conosciuto con il nome d’arte di O’Galop, André Michelin ebbe un'idea: perché non sostituire il gigante barbuto che alzava il boccale di birra con un uomo fatto di un mucchio di pneumatici e con in mano una tazza piena di chiodi e vetri rotti?
Il poster mantenne la citazione latina con l’aggiunta di una frase significativa: “Nunc est Bibendum...C'est à dire: À votre santé. Le pneu Michelin boit l'obstacle” ("Ora è tempo di bere...Vale a dire, alla vostra salute, lo pneumatico Michelin beve gli ostacoli")
Non appena è nato l'Omino Michelin, ha iniziato a giocare un ruolo importante per la società: è stato lui a presentare i prodotti e ad assistere gli automobilisti, diventando l'ambasciatore mondiale del brand.
A partire dagli anni '30 in poi, Michelin ha fatto sempre meno uso di artisti esterni. Di conseguenza, le immagini dell'Omino Michelin diventarono più standardizzate, sebbene esistessero varianti specifiche per ogni paese, il suo aspetto e il suo atteggiamento rifletteva il cliente dell'epoca.
Adattandosi all'evoluzione delle gomme, i suoi anelli sono diventati più spessi e il personaggio ha abbandonato la sua ricca immagine per avvicinarsi a una più ampia base di clienti.
Sempre sorridente, gentile, protettivo e vivace, pronto ad aiutare ogni viaggiatore e a risolvere ogni suo problema.
Il logo Michelin ha sperimentato diverse metamorfosi nel corso della sua vita, fino a un'incursione nel mondo del 3D nei primi anni 2000, quando è stato votato da una giuria esperti del Financial Times "Miglior logo di tutti i tempi". Ultima consacrazione per un personaggio famoso e riconosciuto nel mondo!.
Nel 2017, per la nona volta dalla sua nascita nel 1898, l'Omino Michelin si è evoluto per rimanere fedele alla sua eterna modernità e incarnare i valori del brand: un partner quotidiano, discreto, premuroso e rassicurante.
La nuova identità visiva si presenta in due loghi: uno per il Gruppo, l'altro per il brand. Benché simile alla versione precedente del logo, entrambe le creazioni offrono un Omino Michelin incorniciato per essere più visibile, più espressivo e rafforzare la sua vicinanza ai clienti con un gesto accogliente e protettivo.
Anche se può sembrare strano, creatività e illuminazione improvvisa non sono del tutto sinonimi.
Ogni buon grafico sa infatti che l’idea è solo uno dei momenti di un processo molto più ampio, ben distinto in fasi strutturate senza le quali raggiungere il risultato atteso diventa un’impresa ardua. Per il cliente che si affaccia per la prima volta al mondo della comunicazione visiva può esser una grande sorpresa trovarsi a rispondere alle domande e alle proposte del designer o assistere alle fasi di analisi e ricerca.
Eppure un aspetto fondamentale per ogni progetto che si rispetti sta proprio in quel che viene definito processo creativo.
Prima di lasciar libera la mente di vagare e di dare forma a un’idea è infatti necessaria una fase iniziale in cui il dialogo con il cliente diventa fondamentale. In questo modo si può iniziare a delineare una prima struttura del progetto, sulla base delle aspettative del cliente, del tipo di obiettivo da raggiungere e del budget da investire per centrare il risultato.
Anche il peso del progetto a livello di mercato è un elemento da valutare in questa fase: le proposte saranno diverse se l’interlocutore è una piccola o media realtà o, al contrario, se ci troviamo a comunicare con un cliente presente su un mercato internazionale, con necessità molto diverse.
Ecco dunque che il processo creativo è iniziato. E, anche se lo “schema” teorico usato risulta molto simile tra i professionisti del settore, sta comunque ad ogni designer indirizzare il lavoro secondo il proprio estro e sempre nella direzione più adatta per il cliente.
Ecco perché, al di là della struttura del processo creativo, ogni progetto è diverso dall’altro.
Se la fase di dialogo con il cliente è quella più importante, anche a livello umano, e aiuta a comprendere meglio il tipo di lavoro da realizzare, la seconda richiede un accurato lavoro di ricerca e analisi, dalla quale un grafico serio non può proprio sottrarsi se vuole raggiungere risultati positivi. Parliamo di un momento del processo creativo indispensabile.
Si tratta infatti di un lavoro “in solitaria”, nel corso del quale si studiano il mercato di riferimento in cui opera il nostro cliente e i suoi competitor:
Una volta risposto a queste ed altre domande si passa ad approfondire la ricerca su colori, stile e si sviluppano le prime idee.
Con lo sviluppo delle prime idee arriva anche il momento del confronto col cliente e della richiesta di informazioni aggiuntive utili per la fase di sketching, nella quale si buttano giù a matita idee di un logo o degli elementi grafici richiesti dal progetto.
Scartate le idee meno valide, si dà graficamente forma ad un primo prodotto spiegando al cliente il concept seguito e le idee che hanno portato a sviluppare quel progetto. In base ai feedback ottenuti si passa dunque a revisionare, modificare o integrare il lavoro, proponendo nuove soluzioni ritenute adatte.
Una volta accettata dal cliente una delle proposte, si lascia spazio alla definizione del brand e dell’identità: si sviluppano il logo o gli altri elementi grafici richiesti, nelle varie declinazioni, colori, in orizzontale o in verticale.
A questo punto il lavoro volge verso la sua conclusione.
Si presenta infatti la versione finale e, una volta accettata la soluzione, si forniscono al cliente i file definitivi ed esecutivi del progetto (file vettoriali, jpeg, png, pdf), per chiudere un processo lungo fatto di analisi, creatività e tanta soddisfazione.
Soprattutto per il cliente, come ogni buon grafico si augura.
Oslo, capitale della Norvegia, è la città più grande del paese con una popolazione di oltre 650.000 ed è politicamente, geograficamente e governativamente definita come Oslo Kommune (Comune di Oslo) con il suo consiglio comunale incaricato di quasi tutto: scuola elementare e prescolare, istituzioni ed eventi culturali, servizi sanitari, servizi sociali, servizi di protezione dell'infanzia, alloggi e rinnovo urbano, strade locali, trasporti locali per persone e merci, parchi e aree verdi, problemi ambientali e pianificazione urbana.
All'inizio di questo mese, ha annunciato che, nel 2019, introdurrà una nuova identità visiva sia per la comunicazione amministrativa si per la comunicazione nella città.
Dalla pagina news dell'agenzia Creuna
"La ragione della proposta è l'evidente necessità di apparire in modo più chiaro e uniforme. Il Comune gestisce molti tipi di imprese e comunica con molti pubblici diversi.
L'identità attuale dà un'immagine frammentata e poco chiara. Ci sono oltre 200 loghi utilizzate aziende che fanno parte del Comune. Pertanto, non è chiaro ciò che fa il comune.
Inoltre, molti non sanno che il Comune di Oslo sostiene iniziative e offerte. L'identità attuale è obsoleta, non adatta ai canali digitali, dove si svolgerà sempre più dialogo tra il Comune e gli abitanti, né soddisfa i requisiti per la progettazione universale, che consente la fruizione da parte di tutti.
Nella soluzione adottata l'obiettivo è l'efficienza. Si stima che la frammentazione odierna costi al comune 40 milioni di NOK all'anno. Con la nuova soluzione, l'obiettivo è che tutte le imprese nel Comune di Oslo siano riunite sotto un'unica identità comune."
Pagina del progetto di Oslo Kommune
"Nel nuovo manuale di progettazione, tutte le aziende del comune di Oslo saranno riunite sotto un'identità visiva comune. Gli elementi dello stemma, la macina, la corona e la punta di freccia, costituiscono la base per la nuova identità visiva. La palette dei colori è tratta dal paesaggio urbano di Oslo, e il carattere è stato ricavato dai vecchi segnali stradali della città.
Lo stemma attuale sarà ancora utilizzato in occasioni storiche o solenni con forti legami con la tradizione.
Il comune di Oslo durante il processo è stato molto attento a prendersi cura della storia dello stemma. Al fine di rendere più riconoscibile la proposta del logo, St. Hallvard è stato ingrandito. La forma del cerchio con la corona è unica di Oslo e lo stesso vale per gli attributi di St. Hallvard; tre frecce e la macina. La proposta per il nuovo stemma ha preso in considerazione le guide araldiche su uno stemma chiaro e semplice. È stata effettuata una valutazione approfondita del livello di dettaglio e di singoli elementi."
Come molte altre città, Oslo ha usato il suo stemma come logo ma ha avuto modo di scoprire che non è una buona idea a lungo termine, sopratutto quando si tratta di utilizzarlo sui social media. Il vecchio stemma non sta scomparendo, sarà comunque utilizzato per circostanze ufficiali ma, come logo, sta cedendo il passo a una nuova interpretazione minimalista più adatta per una vasta riproduzione e utilizzo.
La nuova icona conserva tutti gli elementi chiave dello stemma: la corona, la macina sulla mano destra, le tre frecce a sinistra e persino il mantello, ma è stato riproposto in stile minimale e lineare.
Un appunto riguardo all'icona, il grande cerchio e la corona sono leggermente più spessi del personaggio e degli altri elementi, tuttavia non abbastanza per essere chiaramente differenti. Un'altra piccola critica riguarda le tre frecce che, senza il loro impennaggio e con la rotazione di 45° troppo netta, risultano un po' disarmoniche.
Nel complesso ritengo sia un logo molto buono, sia per l'utilizzo costante che se ne vuole fare sia per il richiamo la vecchio stemma.
Il wordmark proviene da un font personalizzato basato sulla segnaletica della città. Di per sé, i caratteri di "Oslo" non sono molti accattivanti ma nell'insieme il font ha un'estetica interessante e bizzarra.
Dalla nuova icona sono state sviluppate tre forme in un sistema grafico che caratterizza (o caratterizzerà) le applicazioni.
Un cerchio dalla macina, una cornice angolare dalle punte di freccia e un quadrato dalla corona (che a volte si divide in due rettangoli) servono come un pattern "OSLO" molto astratto da utilizzare in composizioni flessibili.
È un concetto interessante e funziona alla grande.
Il quadrato utilizzato come una "S" richiede una mente molto aperta per essere letto in quanto tale ma, poiché il logo dice sempre Oslo, le forme non devono essere prese così alla lettera.
Nel complesso, ritengo che questo restyling racchiuda sia un lato serio, con il logo ben strutturato, sia un lato divertente con le forme e l'animazione, consentendo alla città di brandizzare tutto, dai camion della spazzatura agli eventi familiari nel parco.
Sarà molto interessante attendere il 2020 per vedere quali saranno le applicazioni.