Progettare un logo di successo non è semplice; né tanto meno si può contare su una formula magica per progettarlo. Infatti non si tratta di un'operazione meccanica, bensì di un processo creativo a tutti gli effetti. Tuttavia, se sgombriamo il campo da errori di valutazione, improvvisazioni e pressioni, possiamo ricondurre l'impresa astrale ad una serie di stelle fisse. Infatti, portando avanti il percorso di elaborazione seguendo alcuni "punti cardinali", un graphic designer non si perderà e ti fornirà il risultato più in linea con i tuoi obiettivi. Perciò addentriamoci insieme in questa selva creativa e scopriamo i passaggi di un designer per capire come creare un logo professionale.
Può sembrare un elenco semplice e noioso, ma individuare i momenti circoscritti che costituiscono il processo è fondamentale per capire come creare un logo ottimizzando il lavoro e procedendo senza ostacoli. E questo procedere sicuri senza dispersioni di tempo ed energie è un vantaggio sia per il professionista che per il cliente, il quale non si ritroverà a dover prevedere tempistiche dilatate o eventuali costi extra.
Quindi, più che una lista statica, guardiamo a questo elenco come ad una road map che assicuri migliore qualità e risultati più coerenti con il progetto. Ma quali sono le tappe necessarie per giungere alla meta?
Come puoi notare, il processo creativo va ben oltre la semplice realizzazione grafica del logo dagli schizzi preliminari al disegno vettoriale. Oggi voglio raccontarti come creare un logo dalle primissimo passo del brief di progetto alla scelta del colore.
Prima ancora di immetterci in cammino dobbiamo farci un'idea di quale sia la strada maestra da seguire. Nel caso della costruzione di un logo, la stella polare è il brief di progetto.
Si tratta di un documento fornito dal cliente al logo designer che presenta tutte le informazioni necessarie per veicolare il processo creativo. I dettagli da includere non devono fare esclusivamente riferimento ai desiderata del progetto, ma anche ai prodotti, ai valori e all'identità aziendale, al mercato di riferimento e via dicendo. Perché non limitarsi alle informazioni per disegnare il logo? Poiché avere a disposizione una conoscenza più ampia del cliente permette al consulente creativo di raccontare al meglio il brand, puntando dritto agli obiettivi e rispettando le aspettative senza andare fuori strada.
A questo punto scopri: Come scrivere un brief efficace?
Nonostante la fornitura del brief, quante e quali modifiche o aggiunte dovranno essere apportare alla proposta creativa è alquanto impossibile da predire: i grafici sanno fare magie visive ma sono re magi che seguono una strada, non maghi... anche se alcuni si presentano come Simone Mago che offre miracoli in cambio di prezzi da listino.
Ma ecco: Perché non credere ai listino prezzi grafici
Ricevuto il brief di progetto, il primo passo da parte del graphic designer su come creare un logo efficace è svolgere una ricerca online volta a trovare qualche idea, magari sfogliando il portfolio di logo designer famosi per trovare la giusta ispirazione. Da consulente esperto posso infatti assicurarti che essere consapevoli di ciò che ci circonda è fondamentale, anche solamente per aiutarci ad escludere sentieri già battuti dai competitor. Tuttavia l'esplorazione non deve scadere in un semplice copia-incolla, pratica ovviamente professionalmente squalificante e moralmente sbagliata. Un altro passaggio da non sottovalutare in questa fase è verificare se le idee segnalate dal cliente nel brief siano già esistenti e, in caso, analizzarle e trasformarle in nuovi punti di partenza per trovare chiavi di lettura alternative.
La fase di sketching rappresenta un momento fondamentale nella creazione di un logo efficace. Questa seconda tappa lungo il percorso creativo consiste nel buttar giù degli schizzi, con la cara vecchia matita, dando spazio alla creatività. Ovviamente non esiste una regola definita e le idee si sviluppano, evolvono e cambiano direzione rispetto alle ipotesi originali... ma d'altronde è proprio questo il bello, no?
Talvolta potrebbe sembrarci di essere giunti in un vicolo cieco e allora che fare? Tornare indietro, ricominciare da capo e disegnare nuove bozze. Ciò non toglie che l’idea geniale possa venire anche al primo tentativo!
La ricerca d'ispirazione, insieme allo sketching, costituiscono la fase preliminare del percorso creativo e richiedono al graphic designer più tempo rispetto a qualsiasi altro momento del processo per realizzare un logo.
Non solo per creare un logo da zero è necessaria la giusta ispirazione, scopri infatti: quando fare il restyling di un logo.
Sebbene all'occhio meno esperto possa sembrare il contrario, lungo la road map di un logo designer il colore compare a sentiero inoltrato, dal momento che in prima battuta bisogna focalizzarsi sull’idea. Niente fronzoli: se un logo funziona nella versione monocromatica, probabilmente quella a colori potrà solo che arricchirne il valore!
Per esperienza considero la creazione del logo in bianco e nero una buona pratica da seguire sempre, seppur non si tratti una regola ferrea. Potremmo ad esempio infrangere questa norma se stiamo sviluppando un logo destinato a funzionare solo sul web, dove i colori brillanti la fanno da padrone.
Comunque, in tutti i casi, nessuna sfumatura di colore celerà un logo progettato male... quindi non lasciarti intortare e anzi:
Scopri: Quali sono gli errori più comuni nel logo design.
La teoria del colore è molto complessa e non può essere riassunta in poche righe di testo. Tuttavia ogni designer ne conosce fondamenti e implicazioni psicologiche e per questo è in grado di utilizzare il colore consapevolmente, conferendo maggior valore ed enfasi ad ogni progetto grafico.
Utilizzare dei colori specifici per comunicare la sensazione che il marchio desidera suscitare è un assioma nella comunicazione visiva; se poi consideriamo che alcune marche sono riconoscibili unicamente dalla loro tinta distintiva è ben evidente quanto siano importanti i colori in un articolo su come creare un logotipo.
Conoscere la psicologia dei colori, che tipo di sentimenti e stati d’animo evochi ogni tonalità è sicuramente un aspetto importante da tenere in considerazione nel creare un logo e un consulente creativo è in grado di consigliare il proprio cliente anche in questo senso. Tanto più se pensiamo che, a seconda dell'ambito, gli stessi colori possono trasmettere ulteriori sfumature di significato o messaggi subliminali. Ad esempio nel caso del cibo i colori vengono caricati di ulteriori valori, più o meno positivi, che sarebbe il caso di conoscere nel momento in cui si realizzi una brand identity legata al cibo.
Scopri di più: Colori caldi e colori freddi nel Food
Se finora abbiamo elencato dei punti cardinali, adesso è il momento della stella polare che deve orientare come creare un logotipo. KISS è il nome di questo astro ed è l'acronimo di "Keep it simple, stupid", una frase attribuita all'ingegnere aeronautico Kelly Johnson. Il principio KISS afferma che la maggior parte dei sistemi funziona meglio evitando processi complessi; di conseguenza la semplicità dovrebbe essere un punto fermo in ogni progettazione: una stella polare, appunto. Questa stessa filosofia calza perfettamente nel design di un marchio: un logo semplice è più facile da riconoscere. Ad esempio, lo swoosh della Nike (il baffo per intenderci) è estremamente minimale ma è anche uno dei più riconoscibili nel mondo.
Neanche a dirlo, il principio KISS va tenuto in considerazione fin da quando si inizia a scarabocchiare qualche schizzo, lavorando sull’essenziale e lasciando fuori tutti gli elementi non necessari. D'altronde, e questo è fondamentale soprattutto per un logo destinato all'online, mantenere il design semplice permette anche la flessibilità in termini di dimensioni.
Il logo è l’anima e il volto di ogni azienda, società o professionista; poiché ne rappresenta il simbolo distintivo e rappresentativo, una corretta progettazione permette al logo di essere una potente risorsa. Per la stessa ragione è fondamentale che il processo di realizzazione sia affidato ad un consulente esperto, che abbia competenze specifiche e che sia in grado di guidare il cliente distogliendolo dalla folta selva di esempi, ispirazioni, richieste e vezzi in cui tende giustamente a perdersi.
Un errore dei grafici più inesperti, probabilmente comprensibile, consiste nell'accettare ciecamente le linee guida imposte dal cliente dando origine a loghi non correttamente progettati e, ancor peggio, inefficaci. Viceversa è importante riuscire a dire di no a richieste sbagliate e controproducenti, spiegando al cliente le ragioni di tali considerazioni e riuscendo a trovare alternative convincenti per entrambi. D'altronde un graphic designer è un consulente e non semplicemente un grafico.
Il logo della Mercedes non è una macchina; il logo di Apple non è un computer. Eppure, vedendoli, non avremmo dubbi sull'azienda che rappresentano. Questo significa che il logo di un ristorante non ha bisogno di richiamare il cibo, che il logo di un dentista non deve necessariamente mostrare i denti e via dicendo. Il marchio che realizza un grafico esperto non è infatti la semplice rappresentazione visiva e imbellettata del prodotto o del servizio offerto dal cliente, ma allo stesso tempo l'espressione grafica dei valori e della storia della sua azienda in linea con la percezione del target. Proprio qui si colloca il lavoro creativo di un logo designer, che a volte elegge come soluzione migliore per rappresentare il business di un cliente un wordmark professionale.
Forse lavorare sul semplice logotipo come proposta potrebbe sembrare semplicistica, ma anche la costruzione del lettering richiede studio e analisi: anche la scritta più elementare non è poi così banale, dal momento che deve rispettare complesse regole di progettazione e non bisogna aver paura di presentare della proposte in questa direzione. Anche perché "Keep it simple, stupid", no?
Con l'affermazione del digitale è nata una costellazione (o forse un intero universo) di attività e figure professionali specializzate nei diversi aspetti del web. Non parliamo solamente del mondo degli algoritmi e delle raccolte di dati, ma anche dell'esperienza degli internauti. Il web design e la UX Design rientrano in quest'ultima orbita, così come anche la UI design. Ma in cosa consiste questa creatura "aliena"?
Spesso sentiamo parlare vagamente di UX e UI design, nella convinzione che si tratti della stessa cosa. Questo genera un po' di confusione, soprattutto nel momento in cui non abbiamo neanche ben chiaro a cosa si riferiscano i due termini. Facciamo quindi innanzitutto un po' di chiarezza:
Sicuramente la UX e la UI appartengono allo stesso universo; ma se la prima si occupa di creare la struttura del sito e di distribuire le funzioni lungo la navigazione, la seconda progetta l'aspetto delle pagine utilizzando font, colori, immagini ed effetti. In parole povere e per distinguere gli ambiti di competenza di UX e UI in maniera semplice, possiamo dire che la prima realizza la parte funzionale e interattiva del sito web, mentre la seconda ne cura l'aspetto visual e comunicativo. Ovviamente le due strategie sono strettamente legate, dal momento che entrambe puntano, l’una dinamicamente l’altra visivamente, a guidare l’utente verso le azioni principali del sito web. Un esempio chiaro è il tasto per una call to action: dove posizionarlo per rendere immediata la sua funzione? (La risposta spetta alla UX Design) Ma di che colore e quanto grande deve essere il bottone? Sarà la UI Design a suggerirlo.
Il design UI si occupa quindi di stabilire in che maniera gli elementi all'interno di una pagina devono risaltare visivamente per trasmettere all’utente la giusta sequenza dei messaggi. La scelta dei colori è in questo caso fondamentale, così come lo studio tipografico per la struttura dei testi e l'integrazione delle immagini. Di conseguenza la UI design determina il primo impatto del brand sugli utenti, unendo competenze di web design e visual storytelling. Infatti il modo in cui un'azienda comunica ai propri clienti la sua storia, i suoi valori e i suoi prodotti passa anche per la sensazione che gli utenti maturano navigando sul sito web.
Lo User interface designer è un professionista del graphic design, specializzato nel mondo del web design. Le sue competenze sono finalizzate a trasformare l'interfaccia del sito web in un canale di comunicazione visiva per il brand, unendo comfort cognitivo e stile comunicativo. Uno UI designer sceglie font e colori efficaci in linea con l'immagine aziendale e con il target, stabilendo i più facilmente individuabili per agevolare l’esperienza utente con segnali visivi. Non è un’attività secondaria nell'ottica di digital marketing. Infatti saper modellare i giusti elementi visivi può assicurare un maggior numero di conversioni, guidando gli utenti che atterrano sul tuo sito a trovare con semplicità le risposte ai propri bisogni.
Uno user interface designer, lo abbiamo detto, considera la scelta dei font come uno degli aspetti più importanti da curare nella resa visiva dell'interfaccia. Infatti, nell'economia di una pagina web, non tutti gli elementi hanno lo stesso peso, tanto meno quelli tipografici. Titoli in bold, testi in regular, tasti in light: ogni tipo di carattere ha infatti una funzione specifica che contribuisce a guidare l'attenzione degli utenti verso il focus della pagina (magari proprio una call to action o un form da compilare).
Anche la scelta dei giusti colori è un passaggio fondamentale nella progettazione della UI. Innanzitutto la palette di riferimento deve essere in linea con i colori che definiscono il brand, a partire dal logo. Successivamente, un UI designer professionista sa che deve attribuire i giusti colori ai diversi elementi che costituiscono il wireframe: dai testi ai bottoni, dai link al menù. Anche in questo caso il colore deve esprimere la priorità dei contenuti e delle azioni offerte dalla pagina.
Ovviamente la scelta e l'interazione tra testi, colori e immagini deve muoversi come un satellite intorno al sole digitale che è il concetto di mobile friendly; un parametro che premia il sito anche agli occhi di Google e che consiste nel privilegiare la consultazione del sito da mobile piuttosto che da pc.
Pertanto lo user interface design rientra a pieno titolo in una strategia di comunicazione digitale, ma anche nella pianificazione di una strategia di digital marketing. Tuttavia è fondamentale affidarsi ad un UI Designer esperto che sappia come far coincidere la funzionalità di un sito web con l'esperienza utente e l'identità aziendale.
Come raccontare una storia complessa? Come esporre un concetto scientifico o presentare un argomento pieno di numeri e statistiche al grande pubblico? Convogliare concetti arditi in maniera semplice e chiara potrebbe sembrare una bella scommessa; soprattutto oggi che gli utenti sono alquanto distratti e sbrigativi, la sfida sembra invincibile. Eppure la soluzione c'è. Le infografiche online, nell'era della comunicazione digitale, sono un validissimo strumento per catturare l'attenzione delle persone, proponendo una notizia in maniera chiara, originale e magari personalizzata!
Proprio per le infinite potenzialità comunicative, sia a livello visivo che di copy, le infografiche sono un importante mezzo per affermare il proprio brand e trasformarsi in punto di riferimento per i tuoi utenti. Sempre più aziende, istituzioni e associazioni ricorrono a queste immagini per creare un legame di fiducia con clienti o comunità perché ne hanno compreso utilità, funzionalità e benefici. Scopriamo allora cosa sono le infografiche, perché includerle nella tua strategia di comunicazione e in che maniera farlo.
Un'infografica consiste nella resa di un'insieme di informazioni rilevanti espresse sotto forma di immagini, icone, grafici e tabelle. Ma non chiamiamola immagine! Infatti la differenza tra le due è ben evidente: un'immagine accompagna un contenuto testuale rafforzandolo o rendendolo più evocativo; viceversa un'infografica è essa stessa il contenuto. Esistono due tipologie di infografica online, ma anche offline:
Se ancora ti sfugge bene di cosa stiamo parlando, pensa a quante illustrazioni abbiamo visto in questi mesi di pandemia tra omini che si lavavano le mani, icone di mascherine e numeri dei contagi. Tutte le volte che Ministeri, testate giornalistiche, aziende o ristoranti ci illustrano le 10 buone pratiche per prevenire il contagio, le attività consentite o vietate nelle diverse zone colorate o il bollettino dei casi Covid-19, usano infografiche per comunicare chiaramente e in maniera sintetica con le persone anche i dati scientifici.
I contenuti visivi restano più impressi: questa è una certezza ormai consolidata dal momento che l'elaborazione di immagini coinvolge oltre il 50% delle funzioni intellettive. La tendenza a memorizzare più facilmente le immagini va a braccetto con la facilità di fruizione legata alla resa visiva di informazioni. Quante volte ci sono mancate le parole e ci siamo ritrovati a dire: "ti faccio un disegno per spiegarti meglio"? Ecco, creare infografiche ti viene in aiuto nel momento in cui ti trovi a dover spiegare concetti complessi e fitti di numeri.
Le infografiche non solo semplificano i concetti, ma consentono di sintetizzare in maniera visiva tutte le relazioni e le possibili letture incrociate tra dati e numeri. Infatti "vedere" e "leggere" i dati non è la stessa cosa. Un'impresa potrebbe avere la necessità di spiegare il bilancio aziendale mettendo in evidenza alcune voci, un'associazione di categoria spiegare l'andamento del settore, un'istituzione le nuove norme. La pandemia ha svelato concretamente l'utilità di questi strumenti nell'aiutare le persone a comprendere concetti difficili e fitti di cifre.
Ma oltre ai vantaggi esplicativi, perché creare infografiche online per una strategia di content marketing? Oggi farsi notare dal proprio target diventa sempre più difficile senza una comunicazione visiva identificativa. In quest'ottica prevedere infografiche rende ancora più originale, divertente, empatico, distintivo e condivisibile il tuo brand online.
Le persone amano condividere le infografiche in quanto rappresentano contenuti che comprendono al volo, utili e che sicuramente attireranno l'attenzione di altri utenti. Questo assicura alla fonte un ritorno di visibilità e notorietà che non si limita al post, ma risale fino al sito comportando un aumento di reputazione e backlink. Da un punto di visto SEO la conseguenza è un migliore posizionamento sui motori di ricerca, soprattutto se l'infografica si trova proprio su una pagina del sito o del blog.Ma se l'infografica online comincia a circolare anche per altri canali, perdendo il legame con la fonte e con l'eventuale testo di accompagnamento? Questa comune eventualità rende ancora più evidente quanto sia necessario brandizzare la grafica stessa inserendo il logo e rispettando l'immagine aziendale in modo da rivendicarne la paternità e rafforzare il brand anche "da remoto".
Con l'avvento della comunicazione web realizzare infografiche ha subito un incremento notevole; potremmo parlare di "boom" in questo senso. Inoltre, in un mondo dove ormai la fruizione è sempre più distratta, la creare un'infografica ti permette di trasmettere conoscenze di valore in pochi secondi nel tuo stile, trasformando il tuo brand in un punto di riferimento.
Insomma le immagini sono maggiormente accattivanti, efficaci, sanno catturare l’attenzione e riescono a comunicare in maniera chiara, diretta e semplice qualsiasi concetto… ma questo vale solamente se concertate da mani esperte! Consideriamo poi la viralità web delle infografiche e al destino di andare alla deriva rispetto alla fonte originaria. Abbiamo già detto come in questo caso sia fondamentale brandizzare il documento stesso per affermare la notorietà della tua azienda.
In aggiunta, la pandemia ha determinato un ricorso massiccio alle infografiche, svelandone concretamente l'utilità nell'aiutare le persone a comprendere concetti difficili e fitti di cifre. Allo stesso tempo durante l'emergenza ci siamo resi conto di quanto sia difficile comunicare informazioni delicate mantenendo un approccio visivo affidabile e rassicurante. Nonostante l'esistenza di piattaforme per la creazione infografiche gratis che offrono numerosi strumenti, per una comunicazione davvero efficace e coerente dovresti affidarti ad un graphic designer che non solo sia in grado di inquadrare le informazioni armonicamente, ma che soprattutto sappia inserirla all’interno di una strategia più ampia di brand identity.
La brand identity di un’azienda consiste nel modo in cui essa si presenta ai propri clienti; o meglio nella maniera in cui desidera essere percepita dal pubblico. Questo discorso vale dalla piccolissima impresa ai brand famosi. Una strategia per l’identità di marca ben studiata chiama a raccolta tutti gli elementi che aiutano a convogliare i valori dell’azienda e i giusti messaggi verso il target prescelto. Nome, logo, mission, stile comunicativo, prodotti, modello di business, prezzi, pubblicità e rapporto con i clienti concorrono tutti insieme a definire la brand identity di un’azienda.
L’attività di branding non finisce lì. Come fosse un organismo in continua evoluzione, una marca risente dei cambiamenti del mercato, delle nuove abitudini dei consumatori e talvolta degli eventi (pensiamo al momento storico che stiamo vivendo con il Covid-19 e alle ricadute che avrà sul brand management!). Insomma, non basta creare un brand: bisogna curarlo anche nel corso del tempo. E a farlo bene, può capitare anche che la parola “coca-cola” diventi una delle più famose al mondo o che per mantenere l’esclusività del brand un certo signor Vuitton bruci le rimanenze dei propri tessuti. Ma scopriamo cinque curiosità sui brand famosi legate alla loro nascita o alla loro popolarità.
Adidas e Puma, nell’olimpo dei brand famosi di abbigliamento sportivo, nascono da un’acerrima rivalità tra i fratelli Adolf e Rudolf Dassler. Negli anni ’30 le scarpe divennero popolari sia perché i Dassler furono tra i primi a creare modelli differenti per corse di fondo e sprinter, che per le 4 medaglie d’oro ottenute da Jesse Owens alle Olimpiadi di Berlino con un paio di Dassler ai piedi.
Scoppiata la guerra Rudolf partì per il fronte, mentre Adolf convertì la fabbrica per la produzione di bazooka da fornire all’esercito tedesco. La scelta di Adolf incrinò irreversibilmente il rapporto tra i due fratelli, tanto che Rudolf fondò la RUDA nel 1948, una propria compagnia di calzature sportive che presto rinominò PUMA. Subito Adolf rispose tornando alla produzione di scarpe per fare concorrenza al fratello, utilizzando anche lui le iniziali del proprio nome; fondò così l’ADIDAS.
Negli anni successivi i due fratelli trasformarono la rivalità in battaglie all’ultima campagna pubblicitaria. La rivalità tra i due brand si estese all’intera cittadina, tanto che erano evitati i matrimoni tra persone che lavoravano in Puma e Adidas; inoltre nei pub fedeli a un marchio ci si rifiutava di servire da bere a chi indossasse prodotti del brand rivale.
Insomma, un caso esemplare di quanto la community possa fare propri i valori di una marca e viceversa, quanto l’elemento umano possa essere all’origine di un brand.
Chi non conosce la polo con il coccodrillo verde? Ma da dove nasce questo accostamento e perché è il marchio di eccellenza legato al tennis? Nel 1923, il giovane prodigio del tennis René Lacoste fu sfidato dal capitano della squadra, il quale promise che gli avrebbe regalato la valigia in pelle di coccodrillo adocchiata nella vetrina di un negozio, solo se avesse vinto il difficile match all’orizzonte. Quale credete sia stato l’esito della partita? Sbagliato. René perse, ma la sua determinazione da coccodrillo fu così manifesta che un giornalista americano gli attribuì questo soprannome.
Nel 1927 lo stilista Robert George disegnò l’iconico coccodrillo che sarebbe diventato il famoso logo. Innanzitutto finì ricamato sui blazer di René, poi la posizione sul cuore fu estesa a tutte le polo del brand che per la prima volta rese visibile un logo sul capo d’abbigliamento.
Se siete appassionati di tecnologia, probabilmente ci avete fatto caso: durante tutti i lanci promozionali degli iPhone, lo schermo degli smartphone della Apple riporta sempre l’orario 9:41. Coincidenze? Io non credo; anzi è proprio così. L’orario preciso non è stato scelto a caso e è legato ad un episodio del 9 gennaio del 2007 che ovviamente vide per protagonista Steve Jobs.
In quel fatidico giorno il fondatore di Apple organizzò la conferenza stampa di presentazione dell’iphone. Si trattava del lancio del prodotto che avrebbe rivoluzionato il mondo della telefonia mobile. L’inizio del suo discorso era previsto per le 9 del mattino e finì esattamente 41 minuti dopo. Alle 9:41 Steve Jobs terminò la presentazione e proiettò sullo schermo le prime immagini del nuovo dispositivo realizzato a Cupertino. Insomma fu un momento simbolico, che viene puntualmente celebrato da Apple ogni volta sia presentato alla stampa un nuovo modello della serie.
D’altronde un brand non è solo un logo, bensì una visione del mondo nella quale identificarsi e che con il tempo costruisce attorno a sé una simbologia che diventa “sacra” a tutta la community. D’altra parte, provate a suggerire ad un affiliato iOS di passare ad Android!
Pepsi fu il primo prodotto occidentale commercializzato nell’URSS. Nel 1959 il Presidente Eisenhower desiderava che anche i cittadini dell’URSS conoscessero lo stile di vita americano. Per questo organizzò l’Esposizione Nazionale Americana a Mosca, cui partecipò il vice presidente Richard Nixon. Nixon e Khrushchev (Nikita Sergeevič Chruščëv) discussero molto sui vantaggi dell’american way of life, tanto che il russo cominciò a sudare freddo. Al vice Presidente Marketing Pepsi non sfuggì il particolare e offrì a Khrushchev un bicchiere di Pepsi. La foto scattata fece il giro del mondo, trasformando il gesto nella migliore operazione di marketing mai realizzata dalla Pepsi, che divenne così uno dei brand famosi più popolari nel mondo.
Evidentemente Donald Kendall voleva proprio che la Pepsi entrasse in URSS e nel 1972 riuscì nel suo intento, ma l’accordo prevedeva un pagamento in vodka, dal momento che il rublo non poteva essere convertito. Crollato il muro, nel 1989 il rinnovo del contratto fu pagato con: 17 sottomarini, 1 incrociatore, 1 fregata e 1 cacciatorpediniere. Pepsi divenne così la sesta potenza militare al mondo.
In questo caso forse non è neanche necessario sottolineare quanto un brand possa influenzare gli equilibri di una guerra. E non stiamo parlando di quella con la Coca Cola a colpi di advertising, ma di minacce economiche tra USA e URSS.
Pochi sanno che il nome della più famosa catena di caffè al mondo, Starbucks, fu ispirato dal celebre romanzo Moby Dick. infatti il primo ufficiale della baleniera si chiamava Starbuck. Ovviamente anche il logo omaggia gli affascinanti scenari marini del racconto d’avventura, mantenendo sempre ben visibile l’immagine di una sirena nonostante le tre operazioni di rebranding.
E a tal proposito: Scopri quando è necessario fare il restyling di un logo.
D’altronde i tre fondatori del famoso brand non avevano nulla a che fare con il caffè, ma piuttosto con il romanzo Moby Dick di Herman Melville; infatti si trattava di un insegnante di storia, un insegnante di inglese e uno scrittore diventato poi pubblicitario. Starbucks è riuscito a realizzare un brand così coinvolgente per i suoi clienti, a partire da iconici prodotti come il “frappuccino”, da essere stato il primo a raggiungere il traguardo dei 10 milioni di Like su Facebook.
Vuoi scoprire tutti i segreti dell’evoluzione del brand Starbucks?
Il 2020 giunge al termine, ma non possiamo voltare pagina senza aver prima letto bene questo capitolo. Ogni aspetto della vita, così come ogni settore economico e ambito della comunicazione, hanno dovuto fare i conti con l'emergenza e con le sue conseguenze di lunga durata. Infatti, in vista del 2021 non dobbiamo dimenticare di fare tesoro dei comportamenti e delle aspettative maturate dalle persone nel corso di questo anno. Anche in fatto di brand identity il Covid-19 ha imposto nuove coordinate da assecondare che potrebbero spingerti a valutare un rebranding della tua azienda. In particolare voglio farti riflettere su quanto possa essere necessario ripensare la tua comunicazione visiva in sintonia con i nuovi sentimenti dei clienti.
Il rebranding di una marca è tendenzialmente percepito come qualcosa di negativo, come un'operazione da mettere in atto malgrado le reali volontà dell'azienda. In realtà rinnovare l'immagine aziendale non è una dichiarazione di fallimento: si tratta spesso di una scelta strategica, motivata dal desiderio di rimanere al passo con i tempi. Piuttosto che una manovra per rattoppare il brand, è una mossa per sottolineare quanto esso sia ancora dinamico e disposto ad ascoltare i bisogni dei propri clienti.
In questo articolo sul restyling di un logo aziendale ti avevo elencato le situazioni più frequenti che potrebbero spingerti a rinnovare il tuo marchio, quindi la tua visual identity e a livello più complessivo la tua comunicazione visiva. Ovviamente in quella casistica non avevo citato una pandemia mondiale dal momento che, grazie al cielo, non è poi così frequente. Eppure il Covid-19 ha spalancato un ulteriore scenario per il rebranding, dal momento che dobbiamo fare i conti che i nuovi bisogni comunicativi e di marketing delle persone.
Ricollegandomi all'inizio di questo paragrafo, il virus rappresenta il caso per eccellenza in cui un'azienda si trova suo malgrado a dover ripensare alla propria immagine, ai valori e ai messaggi che comunica. D'altro canto nulla ha mai gettato una luce così potente sull'importanza del rebranding pro-attivo come l'emergenza pandemica. I marchi migliori saranno (è il caso di parlare al futuro) quelli che osserveranno bene i consumatori: i valori e i contenuti verso cui sono più sensibili, ma anche i formati e le esigenze visive più funzionali. Per tale ragione nel prossimo paragrafo voglio parlarti di come, all'interno di un'operazione di rebranding, la giusta comunicazione visiva possa rispondere ai nuovi bisogni degli utenti.
Nei mesi della pandemia molte aziende avevano già compreso come il proprio logo, solitamente intoccabile, poteva essere "distanziato" per l'occasione eccezionale. Quindi Kappa, Coca-Cola, Mercedes e molti altri brand hanno rivisto il proprio segno distintivo per promuovere e unirsi al coro delle istituzioni internazionali che invitavano al distanziamento sociale. Mossa furba o davvero sentita, fatto sta che queste aziende hanno perfettamente intuito il nuovo approccio degli utenti nei confronti dei brand: agli occhi dei consumatori il valore e l'impegno del marchio è più importante che mai.
La comunicazione visiva è il primo passo delle aziende per comunicare un nuovo approccio, in linea con le esigenze collettive emerse durante l’emergenza. Ecco alcuni vantaggi assicurati da un’operazione di rebranding, ideata in funzione dei nuovi bisogni.
Sebbene le misure adottate in questo periodo tra restrizioni e distanziamento sociale siano solamente temporanee, l’idea di adattare la propria comunicazione al momento delicato non dovrebbe essere trattata come una campagna a breve termine. Ad esempio, ricorrere ad un social network solamente per il tempo dell'emergenza non è una buona strategia se all'indomani di questo periodo non rientrerà più nelle strategie di comunicazione aziendale. Viceversa, rafforzare le comunicazioni attraverso i canali distintivi del marchio dimostra un impegno duraturo nei confronti dei clienti e trasmette fiducia. Anche la comunicazione visiva non deve essere concepita esclusivamente come una parentesi nella vita del brand, ma piuttosto come una nuova veste, arricchita dei valori maturati durante l’emergenza e valida per il futuro.
I consumatori hanno bisogno di sentirsi rassicurati, di avere certezze e di avvertire un calore umano finanche da parte di un'azienda. Questa nuova esigenza non si esaurirà con il passare dell’emergenza. Sia visivamente che a livello esperienziale, un brand deve trasmettere questo sentimento ai suoi clienti. Ad esempio una mascotte del marchio può creare empatia con i consumatori andando a colmare il vuoto relazionare provocato dal distanziamento sociale oggi e trasformandosi in elemento riconoscibile del brand domani.
In un momento di crisi, insicurezza e instabilità, poter contare almeno sulla trasparenza dei brand è fondamentale. Dal momento che i clienti non possono accedervi, hanno bisogno di essere rassicurati sul fatto che le aziende rispettino le misure di sicurezza. Pensiamo ad esempio ai ristoranti e alle attività di delivery: i consumatori vogliono essere certi che dalla preparazione del cibo alla consegna siano rispettate tutte le imposizioni. Quindi non si tratta solamente delle misure che un'azienda ha effettivamente messo in campo: conta altrettanto il modo in cui esse vengono convogliate. E pensi forse che passata l’emergenza le persone non vorranno più sapere se le aziende si comportano secondo condivisibili codici morali? Infografiche, icone chiare e formati comunicativi adatti ai singoli canali possono davvero aiutare un’azienda a comunicare da vicino con i propri consumatori.
L'emergenza ha segnato una riscoperta della semplicità, sia nel senso di contenuti legati alla quotidianità che di formati più semplici e immediati. In realtà è già da qualche anno che il gusto generale si è spostato verso un'estetica più minimalista, ma il 2020 e l'emergenza Covid ha sicuramente reso ancor più repentina la virata. Oggi i clienti fanno meno caso agli orpelli e vanno dritti al punto. Vogliono che tu faccia lo stesso nella tua comunicazione visiva: chiara, immediata, ma non per questo trascurata o poco coinvolgente.
I dati sono diventati parte integrante nella vita di tutti noi. Anche sui social cifre e statistiche sono diventati contenuti trasversali. Oggi gli utenti hanno imparato "a leggere" e i clienti hanno accresciuto ancor di più l'attitudine ad informarsi prima di fare acquisti. Un'azienda che fornisca informazioni chiare e puntuali può davvero fare la differenza sia per il proprio fatturato che per i bisogni dei clienti. Tuttavia la condivisione di dati grezzi ha poco appeal sullo spettatore. Qui entra in gioco la comunicazione visiva. Presentare le informazioni in una maniera accattivante ti renderà riconoscibile e punto di riferimento affidabile per il pubblico.
Natale è il periodo più magico dell'anno che tra panettoni, regali e luminarie travolge di ottimismo ogni settore. Le Festività rappresentano una grande opportunità per le aziende, dal momento che i consumatori si scatenano negli acquisti. Per questo, è davvero il caso di puntare su strategie di marketing realizzate ad hoc. Viceversa non è il caso di infiocchettare la stessa immagine del brand per accrescere l'empatia con i clienti e distinguersi dai competitor. Forse lo avrai capito, ma oggi voglio raccontarti meglio perché i loghi natalizi sono tutt'altro che una buona idea.
Tutti sappiamo che Babbo Natale, da sempre affezionato al verde, decise ad un certo punto di seguire il consiglio della Coca-Cola e di indossare irreversibilmente il rosso. Si trattò di una campagna di marketing molto efficace da parte dell'azienda americana, che si impossessò del simbolo del Natale non mascherandosi da Rudolf, bensì vestendo del proprio stesso colore Santa Claus.
Ovviamente non ti sto proponendo strategie altrettanto rivoluzionarie. Voglio farti riflettere su quanto la Coca-Cola non giocò con la propria visual identity mascherandola, bensì piegando i simboli del Natale a proprio favore.
E quindi, se i negozi decorano le vetrine con alci e fiocchi per invogliare i clienti, tu non devi mascherarti da elfo per incrementare le tue conversioni. Puoi creare un conciliante clima natalizio nei tuoi spazi digitali, magari ideando grafiche social a tema, ma il logo aziendale lascialo stare.
Le statistiche parlano chiaro: sotto le Feste i negozi fisici (ma ormai anche gli e-commerce) registrano il picco annuale di vendite. Non è difficile da credere se pensiamo alla generale corsa all'ultimo regalo di Natale. In questa maratona tu non puoi di certo essere il fanalino di coda della slitta di Babbo Natale. Anzi, è proprio in questi giorni che devi dare il meglio di te mettendo in atto strategie di marketing più aggressive. Ma un conto sono le campagne di prodotto, i packaging natalizi e le grafiche social per fare gli auguri ai tuoi follower, un altro è compromettere la tua immagine aziendale con infantili cappellini di Natale.
Molti brand, anche decisamente diversi tra loro, creano visual identity a tema per catturare l’attenzione di un pubblico variegato ma comunque focalizzato sullo shopping natalizio. Quando parliamo di rifacimenti grafici non ci riferiamo solamente a confezioni regalo e post social: la ristrutturazione natalizia parte spesso dalle fondamenta della marca. Ed ecco spuntare loghi natalizi come i cioccolatini dal calendario dell'avvento.
Lo ripeto: il periodo natalizio rappresenta una grande opportunità commerciale che deve essere colta al volo se vuoi registrare un sostanzioso incremento di ve
Quasi sempre realizzare un logo di Natale significa aggiungere solamente un particolare grafico, magari che richiami i simboli delle Feste. Il cappello di Babbo Natale, le renne, l'albero di Natale, la stella cometa, la capanna, l'agrifoglio e il pan di zenzero sono tra gli spunti oggi più popolari. Qualunque logo designer ti taccerebbe di anatema. Non solo perché si tratta di banalizzazioni concettuali, ma anche perché vanno a compromettere la pulizia del logo e la sua essenza. Perciò, quello che io e qualunque altra figura esperta di comunicazione e marketing ti suggeriamo è di non considerare un rifacimento temporaneo del marchio aziendale in veste natalizia perché non ti ripagherà.
Anche durante il periodo delle Festività il logo resta il biglietto da visita della tua azienda. Pertanto non devi sottovalutare il fatto che un piccolo segno basterebbe a comportare radicali cambiamenti di significato nel marchio (e di conseguenza nella percezione del tuo brand da parte del pubblico).
E vogliamo parlare della riconoscibilità? Innanzitutto ricorda che i consumatori di Natale sono gli stessi clienti nel resto dell’anno. Pensare ad un logo di Natale come il primo passo strategico per attirare l’attenzione è in realtà un salto in più verso il baratro della dimenticanza. Pensa a quanto lavoro hai fatto per arrivare fino qui. Rifletti sugli investimenti, sul tempo e sulle risorse spese per ritagliarti la tua fetta di mercato e renderti riconoscibile agli occhi del tuo target. Vale la pena rischiare tutto questo inutilmente?
L'ho già detto qualche riga più sopra: preservare la riconoscibilità del brand è sacrosanto. Questa necessità va poi a braccetto con un'altra da non sottovalutare. Il Natale è il periodo dell'anno in cui diventiamo tutti più buoni e in cui ci sbilanciamo un po' di più nel dimostrare i nostri sentimenti, ma passare da Babbo Natale ad Ebenezer Scrooge è un attimo. Infatti procedere ad un restyling del logo natalizio da ributtare in soffitta dopo l'Epifania è rischioso, in quanto agli occhi dei consumatori emergerebbe in tutta la sua prepotenza la pura vocazione commerciale della tua operazione.
Con questo non sto sostenendo che non dovrai mai prevedere un restyling del tuo logo: tutt'altro. Talvolta emergono inevitabilmente condizioni che rendono necessario rinnovare un marchio, come la fusione con altre aziende o la virata verso nuovi obiettivi. Ecco, in quei casi sarà davvero urgente ripensare la propria visual identity. Tutt'altra cosa, lo avrai intuito ormai, è mettere le orecchie da alce al tuo logo il tempo di un panettone e due lenticchie al cotechino.
A questo punto vorrei approfittarne per ricordarti che affidandoti ad un graphic designer esperto poi stare certo che il risultato sarà sempre soddisfacente, in quanto un logo designer è in grado di valutare quali aggiustamenti apportare al tuo marchio, ma senza comprometterne efficacia, riconoscibilità e coerenza con i valori aziendali.
Lo dico sempre: il logo è il biglietto da visita di un'azienda. Ciò implica che un marchio deve essere ideato e realizzato per essere il più efficace e memorabile possibile, ma anche per durare nel tempo. Tale incipit potrebbe sembrare una contraddizione rispetto all'opportunità di restyling logo aziendale che ho intenzione di raccontarti in questo articolo. Eppure non è affatto così.
Infatti creare un logo d'impatto è sicuramente un presupposto fondamentale per iniziare subito con il piede giusto e distanziare i competitor già in partenza. Un segno grafico originale, la scelta del giusto font, di colori in linea con lo spirito dell'azienda e adatti al settore di riferimento assicurano un marchio distintivo ed efficace. Ti dirò di più: un logotipo davvero ben fatto è quello che effettivamente mantiene la sua attualità negli anni. Eppure c'è poco da fare: nulla resiste al tempo e all'evoluzione di mode, gusti e tendenze. E tanto meno il logo più meravigliosamenteoperfettissimo potrà davvero essere eterno.
D'altronde, se anche brand universalmente noti e che non rischiano di sembrare datati come Apple, Adidas o Netflix hanno puntualmente scelto di rinfrescare la propria immagine, una ragione ci sarà... e quale potrebbe essere? Beh, innanzitutto i famosi cambiamenti culturali e di design di cui sopra non risparmiano neanche i giganti del mondo. Ma le ragioni valide per considerare un logo restyling possono essere anche altre, magari legate più strettamente alle esigenze o alla storia della singola realtà di business.
Eppure, di fronte alla possibilità di valutare un cambiamento del genere, moltissime aziende sono ancora riluttanti. Se ti consideri una di queste e sei alla ricerca di argomentazioni convincenti, ma anche se ti serve quell'ultima spinta per deciderti a fare il restyling del logo aziendale, allora sei nel posto giusto.
Comprendo che rifare un logo potrebbe sembrare una scelta importante e che "lasciare la strada vecchia per quella nuova" potrebbe risultare spiazzante. Oltre all'aspetto economico, infatti, ci sono preoccupazioni di ordine logistico legate al rinnovo dell'immagine aziendale come ristampare tutti i materiali, aggiornare il logo e gli elementi visual su tutti canali web (tra cui sito web e social media), ma anche incognite legate alla percezione del brand. Tuttavia esistono una serie di ragioni che invece potrebbero spingerti, se non addirittura obbligarti, ad abbracciare una nuova visione aziendale, sicuramente votata al futuro, o una nuova organizzazione interna. Ma vediamo quali sono.
Lo stile e il graphic design sono in costante evoluzione, soprattutto oggi in cui internet sollecita costantemente creatività e contamina le ispirazioni. Il pubblico web è molto attento e nota subito un logo rimasto indietro. Come puoi facilmente immaginare, questo non è un buon biglietto da visita per un'azienda. In tali occasioni è importante pensare al restyling del logo aziendale per poter dare una svolta alla propria identità visiva, senza perderne i punti essenziali e distintivi. Un logo possiamo inoltre definirlo datato se non si adatta ai nuovi canali digitali o ai dispositivi come smartphone o tablet.
Il logo per essere tale deve rispettare alcuni criteri e presentare alcuni elementi. Ad esempio, un marchio ben fatto è caratterizzato da unicità, semplicità, riconoscibilità
e memorabilità; inoltre deve essere costituito da un unico simbolo, deve contenere al massimo due colori, deve essere replicabile in nero e in bianco. Bene, se un logo non presenta questi elementi potrebbe trattarsi piuttosto di un’illustrazione o di una clip art. Il restyling potrebbe quindi essere necessario se a realizzare il primo logo non è stato un grafico professionista o se il fondatore dell'azienda, ai tempi, scelse di non investire nell'immagine del brand preferendo ricorrere ad icone scaricabili.
Un'attività che ha spento dieci candeline ha probabilmente doppiato i propri obiettivi o modificato il proprio modello di business; magari ha cambiato il proprio modo di comunicare, ha scelto di introdurre nuovi prodotti e servizi ampliando o modificando il proprio target. Insomma, nel corso degli anni un'attività cresce e potrebbe cambiare la propria filosofia aziendale. Ecco allora che si rivela necessario intervenire sul logo aziendale per trasmettere, attraverso dei tratti rinnovati, i nuovi valori essenziali del brand.
Quando due o più società si fondono o viceversa si scindono, assai spesso le denominazioni delle imprese vengono cambiate. Di conseguenza è quanto mai necessario caratterizzare le nuove aziende attraverso dei loghi distinti e distintivi.
L'approdo sul mercato di nuovi competitor non comporta solamente un aumento della concorrenza nel settore di riferimento, ma anche un ulteriore brand con cui competere per presiedere la mente dei consumatori. In questi casi si fa urgente il bisogno di dimostrare ai propri clienti di essere sempre al passo con i tempi, rappresentando un binomio vantaggioso tra innovazione ed esperienza.
Ad un'azienda potrebbe capitare di sbagliare o di ritrovarsi in situazioni spiacevoli e inconvenienti che fanno colare a picco la reputazione del brand, causando ripercussioni anche a livello di revenue.
Fare un restyling logo, dopo aver migliorato i punti critici alla base della cattiva reputazione del brand è fondamentale per non perdere irrimediabilmente la fetta di mercato. Considerando infatti la memoria a lungo termine dei clienti, soprattutto nelle vesti di utenti web, può risultare utile un taglio col passato. Riproporsi con una nuova comunicazione, innanzitutto visiva, farà rinascere la fiducia nella gente.
Il restyling logo aziendale non è affatto un lavoro semplice. Se la tua preoccupazione è quella di discostarti troppo dall'originaria identità visiva della tua azienda significa che sai bene quanto sia delicata questa operazione. Se in base a quanto abbiamo detto finora è necessario che il logo rinnovato manifesti una nuova vita per il brand, è altrettanto importante che il pubblico riconosca nella nuova soluzione un'evoluzione moderna del precedente e non una rivoluzione. Per ottenere il miglior risultato dovresti quindi rivolgerti ad un logo designer esperto che sappia riconoscere l'essenza del tuo logo e i tratti migliorabili, operando di cesello su quegli elementi.
Ma di quali elementi stiamo parlando e perché il restyling logo aziendale è un processo creativo a tutti gli effetti? Per rispondere a questa domanda dobbiamo approfondire meglio quali sono i punti essenziali del restyle di un logo.
Poter contare su un'identità di marca coerente e trasversale a qualsiasi mezzo di comunicazione è fondamentale, soprattutto per non smettere di presidiare la mente dei tuoi clienti nel passaggio tra i canali online e i supporti offline. Ma come fare? È a questo punto che corre in aiuto il brand book: un documento prezioso per definire le linee guida della visual identity dell'azienda. Non dimenticare che è il dettaglio a fare la differenza, conferendo alla tua azienda un’appagante aura di professionalità.
In questo articolo voglio spiegarti di cosa si tratta e quali sono gli elementi dell'identità visiva della tua azienda che un brand book ben fatto ti consentirà di maneggiare con agilità e appropriatezza.
Si tratta di un vero e proprio manuale che determina gli elementi grafici e visivi che rendono riconoscibile una marca e ne veicolano i valori in qualunque contesto. Potremmo definire il brand book un libretto delle istruzioni per la tua immagine aziendale; o ancora una guida allo stile che raccoglie ed elenca tutte le informazioni necessarie per confezionare graficamente qualsiasi tipo di documento prodotto dalla tua azienda. Che sia un sito web, un report, una brochure, una pubblicità o un post social, questo vademecum renderà la creazione di qualunque contenuto più veloce e facile da creare.
Prima ancora di soffermarsi i vantaggi che un brand manual rappresenta per la tua azienda, devi sapere quali sono i "capitoli" che costituiscono la Bibbia della tua identità visiva.
Il logo è l'elemento più evidente e ricorrente dell'identità visiva di una marca, per questo è fondamentale che sia sempre coerente. Di conseguenza, alla voce "logo" del tuo brand book saranno raccolte tutte le specifiche del segno distintivo del tuo brand: il disegno dettagliato, la posizione degli elementi e la loro distanza, la distribuzione degli spazi vuoti e ovviamente il colore. Tra le altre informazioni da inserire in questa sezione del libro ci saranno le eventuali varianti del logo in funzione delle attività del business, le potenziali versioni orizzontali o verticali e le dimensioni minime per la stampa. Una delle specifiche che non devono mai mancare è l’area di rispetto del marchio: lo spazio libero da garantire attorno al logo, necessario per garantire la leggibilità dello stesso.
Ma prima ancora di inserirlo nel brand book, come capire se il logo che identificherà la tua marca è ben fatto?
Anche la coerenza del font ti fa sembrare professionale. Ma non parliamo solamente del font che caratterizza il tuo logo. In questo capitolo del tuo brand book saranno esposte chiaramente le regole che definiscono quali caratteri tipografici utilizzare per i testi inclusi nelle strategie di comunicazione, a seconda della posizione e della funzione. Ad esempio, se il font de logo dovrà essere usato anche nei titoli delle pagine web (pur citando possibili varianti di stile e di colore), il “body copy font” destinato ai testi descrittivi o below the line dovrà essere ugualmente specificato. Tra le informazioni raccolte è necessario specificare anche la spaziatura tra le righe e la distanza dal margine della pagina.
Un'altra distinzione da prevedere è poi quella tra i testi offline e quelli destinati al web. Solitamente si scelgono font serif per i materiali da stampare e caratteri sans serif per testi digitali. Ovviamente è importante che i font funzionino bene insieme esteticamente, ma non va trascurata la loro aderenza ai valori trasmessi dal brand.
A tal proposito puoi leggere l'approfondimento: Scegliere un font per logo in base alle emozioni che evoca
La scelta della giusta palette di colori e la sua costante riproduzione potrà rivelarsi uno degli aspetti più importanti per la riconoscibilità del tuo brand. Se vuoi costruire un brand book utile ed efficace non dovrai allora dimenticare di approfondire questo capitolo. Le tavole inserite in questa sezione del libro definiranno i colori primari, la palette secondaria e le combinazioni cromatiche identificative della tua visual identity. I colori del tuo brand non si limitano infatti a quelli previsti nel logo: quelli destinati agli sfondi, ai testi messi in evidenza o ai pulsanti delle call to action sul tuo sito web concorrono a definire la tua immagine aziendale. Ovviamente, seppure le combinazioni dei colori siano infinite, quelle vincenti prevedono una selezione ristretta basata sulle palette che accompagnano meglio i valori del tuo brand.
Un graphic designer professionista annoterà i riferimenti dei colori con valori in CMYK per la stampa, RGB, HEX e Pantone® per gli impieghi digitali. Non solo: un freelance esperto sa bene quanto sia importante evitare discrepanze tra i colori della comunicazione online e quelli sui supporti cartacei.
Un altro aspetto che solitamente viene tralasciato, ma che risulta invece sostanziale per l'identità visiva della tua azienda, ha a che fare con la scelta di immagini e illustrazioni. Pensa ad esempio quanto sia influente nella percezione complessiva di un brand la scelta di utilizzare solamente foto in bianco e nero, oppure la decisione di ricorrere solamente a illustrazioni. Le linee guida in questa sezione del brand book definiscono quindi se ricorrere a fotografie, a illustrazioni o ad entrambe (e in quest'ultimo caso come dovrebbero interagire tra loro). Ma tra le informazioni che troverete in questo manuale ci saranno anche le fonti da cui scaricare le immagini o le modifiche che possono essere apportate.
Oggi essere presenti e mostrarsi online è indispensabile per intercettare nuovi clienti e rendersi riconoscibile. Per questo il tuo presidio web, il tuo sito, dovrebbe riflettere il tuo marchio in stile, colori e tone of voice prima ancora di qualunque altro contenuto digitale. E sebbene i suddetti elementi potresti tradurli dalla stampa all'online, esistono alcune zone inedite del web che per essere brandizzate vanno definite da zero. Un esempio è il layout del sito, ma anche i tasti per le call to action delle tue landing page, o ancora la grafica personalizzata per il caricamento delle pagine.
Finora ho descritto le sezioni del brand book relative alla visual identity della tua azienda rivolgendomi direttamente a te. Probabilmente prima o poi ti sei chiesto: "quindi dovrei farlo io questo brand book? Non saprei davvero farlo!". Ovviamente la risposta è no: non spetta a te stilare questo documento, ma al graphic designer a cui sceglierai di affidare il progetto. Un designer esperto non sa solamente realizzare un logo o definire un'identità visiva coerente, ma conosce anche tutte le informazioni e le linee guida necessarie per rendere autonomo il tuo progetto di visual identity.
Nel momento in cui il graphic designer ti fornisce un brand book ti sta letteralmente affidando tua stessa identità visiva, della quale in futuro si prenderanno probabilmente cura i tuoi dipendenti. Ecco perché è fondamentale che questo documento sia dettagliato ed esploda l'identità del tuo brand sotto ogni aspetto.
Ma quali sono le effettive applicazioni e i vantaggi di un brand book? Scoprilo nel prossimo articolo.
Nell'ideazione di un logo la scelta del font è un aspetto da non sottovalutare. Ogni carattere è infatti portatore di suggestioni e messaggi propri che influiscono nella percezione del brand da parte del pubblico. In altre parole: lo stile del font è veicolo dell'emozione suscitata nelle persone che vedranno il logo. In virtù di questa innata capacità comunicativa, allora, scegliere il giusto font per logo non è solamente un vezzo estetico del logo designer, ma un'esigenza comunicativa a tutti gli effetti che concorre a definire la visual identity della tua azienda.
L'aspetto del font nel bilancio della visual identity di un'azienda è così sostanziale che talvolta ha finito per diventare esso stesso un'icona universalmente riconoscibile. Pensiamo all'inconfondibile scritta "Walt Disney" che accompagna il castello magico rappresentato nel logo del colosso dell'intrattenimento; o al logo della "Coca Cola" che consiste nel nome dell'azienda scritto con caratteri realizzati ad hoc: in entrambi i casi il font prescelto è entrato a buon diritto nell'immaginario collettivo.
Ovviamente non ti sto dicendo che per avere un logo e una visual identity efficace devi ideare un font di sana pianta. Quello su cui vorrei farti riflettere è piuttosto l'importanza che un font per logo aziendale riveste nella percezione del tuo brand da parte del pubblico. In particolare, in questo articolo desidero soffermarmi sulle sensazioni e sui messaggi che i diversi stili di carattere veicolano a chi li guarda. Partendo dalle comuni macro-categorie in cui vengono suddivisi i font, come Serif e Sans Serif, vediamo allora quali sono le relazioni tra emozioni e font per loghi.
Rientrano nella categoria Serif quegli stili che presentano delle “grazie”, cioè degli allungamenti alle estremità dei singoli caratteri. I font graziati sono caratterizzati da lettere particolarmente slanciate e affusolate che trasmettono sensazioni di eleganza, raffinatezza, tranquillità e rassicurazione. Attirano l'attenzione poiché ricordano lo stile della scrittura a mano e risultano piacevolmente rilassanti all'occhio. Un font serif è l'ideale per loghi di aziende tradizionali e prestigiose che vogliano sottolineare le proprie antiche origini e trasmettere un senso di eleganza, direttamente dal passato.
I caratteri Sans Serif, "bastoni" in italiano, sono tutti quei font che non presentano grazie alle estremità delle lettere. Di conseguenza, la linearità dello stile trasmette un senso di ordine, chiarezza e pulizia. Questi caratteri sono moderni, semplici e immediati, perfetti per aziende molto giovani che vogliono mostrarsi al passo con i tempi ma senza risultare troppo stravaganti e soprattutto proiettate verso il digitale. In considerazione della loro facile intelligibilità, i font sans serif sono infatti perfetti per il web.
I caratteri appartenenti alla categoria Script sono invece quelli che danno l’impressione di essere stati scritti a mano. Sono estremamente accattivanti e stravaganti, infatti possono essere arricchiti da ghirigori, abbellimenti o effetti calligrafici. Questo tipo di font è facilmente associato principalmente ai concetti di femminilità, romanticismo ed eleganza vintage, ma anche divertimento e creatività. Allora possono essere realizzati in script caratteri per loghi di aziende eleganti e prestigiose o che hanno a che fare con il mondo femminile, ma anche di brand che puntano ad un pubblico giovanile e ad uno stile casual.
Google ce l’ha dimostrato cambiando più volte negli anni il suo look: anche i font seguono le mode. Questo non vuol dire che ogni anno devi passare in rassegna i font per logo più di tendenza e adattare il tuo marchio; significa però che in fase di progettazione bisogna tenere a mente anche questo aspetto. E non solo. La scelta del giusto carattere va fatta ragionando sulla sua effettiva leggibilità, su qualunque supporto e in qualunque dimensione. D'altronde la creazione di un logo dovrebbe rientrare in un progetto di visual identity più ampio.
Fatte queste considerazioni va da sé che la realizzazione di un logo non è un lavoro istintivo, ma un processo creativo che coniuga ispirazione, competenze e impostazione strategica nell'ottica di un progetto ampio e di lunga durata. E non dimenticare che, al di là delle emozioni che suscita il font scelto per il tuo logo, il primo messaggio che passa forte e chiaro ai tuoi clienti sarà uno: coerenza e professionalità! La scelta più opportuna è affidarti ad un freelance professionista che sviluppi per te un'immagine aziendale coordinata e distintiva, coerente con i messaggi che vuoi trasmettere al pubblico e destinata sia all'online che all'offline.
Quando sentiamo la parola "brand" pensiamo alle grandi multinazionali; a maggior ragione, quando parliamo di "brand identity" crediamo che un'immagine aziendale forte sia una qualità riservata a questi colossi. Ma non è così. Basta spostare il riflettore sul target per rendercene conto: inquadrando il tuo pubblico, ti renderai conto che l'occhio di bue si stringe fino a circoscrivere un'area ben più definita rispetto al bacino di utenza dei super-brand. Infatti la tua azienda si rivolge ad una platea più ristretta, ma che mostra un bisogno specifico e caratteristiche comuni che possono aiutarti ad ottenere un’immagine aziendale efficace agli occhi del tuo target. In questo articolo voglio farti riflettere su quali siano i vantaggi di una visual identity ben studiata, ma prima ancora è importante fare un po’ di chiarezza.
Se la “brand identity” è il modo in cui un’azienda vuole essere percepita dal proprio pubblico, la “corporate image” è la percezione che il consumatore ha di un'impresa; essa racchiude tutte le associazioni mentali ed emotive che il marchio evoca nel target. Un’operazione di branding completa implica aspetti comunicativi, di marketing, commerciali e relazionali che includono la definizione e la promozione di logo, claim, mission, tone of voice, know-how, prodotti, prezzi, pubblicità e relazioni con partner, clienti e fan base.
Nel complesso processo di branding, un ruolo importante è svolto dalla “visual identity”: la creazione dell’identità visiva del brand. Questa consiste nell’insieme degli elementi grafici e visivi che rendono riconoscibile una marca e ne veicolano i valori. La visual identity è talmente rilevante che le aziende si dotano di solito di un manuale d'identità visiva; cioè un “libretto di istruzioni” con le linee guida da seguire per presentare la propria impresa sia nella comunicazione offline che online. E proprio l’importanza della riconoscibilità del brand sul web è quanto voglio illustrarti in questo articolo. Sito, newsletter, blog, canali social: ecco i vantaggi di una potente visual identity online per la tua immagine aziendale.
In questo articolo voglio farti riflettere su quali siano i vantaggi di una visual identity efficace, ma dando per scontato che tu già sappia quanto i consumatori non acquistino più prodotti, ma bensì valori da condividere e visioni del mondo in cui identificarsi.
Non sottovalutare mai il potere della familiarità. Quando un cliente deve scegliere di acquistare un prodotto, il suo occhio e il suo bisogno di rassicurazione lo spingeranno ad optare per un marchio che conosce, o forse dovremmo dire "riconosce", piuttosto che scegliere a caso nella nebbia indistinta di colori, font e logotipi buttati lì. Se la tua azienda combina un ottimo prodotto con un marchio accattivante, la prima volta che un consumatore sceglie il tuo prodotto non sarà l'ultima, ma anzi segnerà l'inizio di una lunga fedeltà.
Collegandoci a quanto appena detto, non devi pensare solamente a conquistare nuovi clienti. Lo zoccolo duro del tuo pubblico sono quelli già acquisiti che vanno costantemente rassicurati. Questi clienti affezionati sanciscono la percezione della tua immagine aziendale e rappresentano gli ambasciatori del tuo brand presso parenti, amici e conoscenti. Pensa ad esempio a quante volte gli utenti condividono i tuoi post sui propri profili social: la loro rete si accorgerà di te se il design di quel contenuto sarà abbastanza incisivo e memorabile. Per questo una visual identity efficace è fondamentale.
Quando un'azienda ha tradotto mission e valori in un progetto di visual identity, potrà orientare con più consapevolezza e decisione le future strategie di comunicazione e marketing. Infatti, una volta fissati i punti di riferimento del tuo brand (come filosofia aziendale, logo, tone of voice, colori e font, sito web e formati grafici), potrai modellare contenuti e progetti avendo già a disposizione delle linee guida che ti permetteranno di risparmiare in tempo, risorse ed energie.
Questo non significa che il tuo marchio debba rimanere uguale a se stesso nei secoli dei secoli: naturalmente è giusto rinnovare l'immagine aziendale nel tempo.
Ua visual identity bella e curata si nota. E come lo fanno i semplici utenti, così capita agli influencer che trascorrono gran parte del proprio tempo sul web. Questi potrebbero essere incuriositi dai tuoi prodotti e decidere di provarli, magari condividendo l'esperienza positiva con i propri follower. Potrebbe trattarsi di un caso isolato o trasformarsi in una partnership, in entrambi i casi far parlare di sé un influencer assicura al tuo brand ampia visibilità e nuovi clienti assicurati. E perché lasciarsi sfuggire l’occasione abbandonandosi ad una visual identity anonima?
L'attuale emergenza ha comportato diversi cambiamenti, non ultime le nuove abitudini di acquisto dei consumatori: sempre più digitali e legate al territorio. Questo significa che i tuoi competitor si stanno già riversando in massa sul web tra social, campagne adv e app brandizzate. Soprattutto sul web gli utenti sono bombardati di contenuti e sponsorizzazioni e per attirare la loro attenzione devi distinguere la tua immagine aziendale dalla massa. Di conseguenza, non solo dovrai presentarti come portatore di valori all’altezza del momento storico, ma dovrai presiedere il web ideando una brand identity trasversale, originale e funzionale.
Ricollegandoci a quanto detto ad apertura dell'articolo, dove esiste un bacino di utenti in target ben definito dovrebbe esistere un marchio altrettanto specializzato che diventi punto di riferimento del settore. Puntare a rivestire questo ruolo attraverso un progetto di visual identity professionale, seguito da una strategia di comunicazione altrettanto seria, rafforzerà il tuo posizionamento sul mercato.
Insomma, come puoi ben vedere una visual identity forte fa molto di più per un'azienda che semplicemente renderla carina. Certo, non stiamo parlando di scienza esatta e risultati quantificabili, eppure quando la visibilità e i clienti della tua impresa cominceranno a crescere ti renderai conto di non aver dato i numeri decidendo di investire in una strategia brand identity aziendale. Ovviamente questi risultati possono essere ottenuti solamente affidando la realizzazione del progetto ad un professionista del settore che sappia guidarti e consigliarti al meglio.
Un grafico esperto in visual identity non si limita ad eseguire le tue richieste ma ti consiglia e ti guida per ottenere il risultato migliore; un graphic designer professionista conosce approfonditamente concetti di comunicazione e marketing, regole, tecniche e accortezze che fanno i conti con la percezione dell’utente finale. Inoltre, un consulente esperto dedica molto tempo allo studio della tua azienda, del mercato e dell'immagine aziendale dei tuoi competitor: una fase preliminare ma tutt'altro che superflua.
Se sei un imprenditore che sta cercando di far crescere la sua azienda con una visual identity strategica, punti sicuramente al meglio. D'altronde stiamo parlando del biglietto da visita con cui verranno percepiti i tuoi valori e i tuoi prodotti in futuro. A questo punto ti starai chiedendo come scegliere il giusto freelance? Beh, ovviamente ti propongo di contattarmi per discutere insieme del tuo progetto, ma voglio darti ancora un consiglio o meglio 5 domande da fare ad un grafico per scoprire come lavora.