Oggi siamo abituati a parlare di lampade di design, maioliche d'artista e manifesti d'autore. Neanche ci stupiscono più abiti disegnati da pittori o hamburger del McDonald's firmati da grandi chef. Siamo strani noi o ad un certo punto i massimi sistemi hanno fatto zang tumb tumb e lo spazio tra arte e industria è diventato il Cocoricò? La risposta è nella visionarietà dei futuristi e, in particolare, nella dirompente e rivoluzionaria personalità di Fortunato Depero, il non plus ultra del binomio Futurismo e pubblicità.
Probabilmente i futuristi facevano la guerra al chiaro di luna perché non illuminava abbastanza le potenzialità dell'arte nel cambiare concretamente il mondo; attraverso le sue applicazioni nella vita quotidiana, l'arte poteva avere una funzione sociale e persuasiva, se non addirittura propagandistica. E qual è il primo surrogato di una tela fuori dal museo su cui sperimentare? Il manifesto pubblicitario, ovviamente.
Dalla grafica al packaging, dal branding al design di prodotto, il Futurismo rivoluzionò il modo di fare pubblicità in Italia, anticipando nozioni fondamentali del marketing. Ad esempio, catturare l’attenzione del consumatore con colori sgargianti e rendere un prodotto unico diventarono per la prima volta elementi di cui tener conto per una comunicazione efficace.
Oltre alle grafiche pubblicitarie, l'istinto bellicoso del Futurismo abbattè le trincee di altri settori come l'industria, l'arredamento e la moda. In questa battaglia per l'arte come oggetto si distinse Fortunato Depero che alla figura del mecenate preferì quella dell'imprenditore.
Rifiutato all’Accademia di Vienna, decoratore per l’Esposizione Universale e disegnatore di lapidi, il nome di Depero è legato ai numerosi manifesti, all'iconica bottiglietta del Campari e alle copertine di Vanity Fair e Vogue che lo consacrano precursore della grafica pubblicitaria e del marketing di prodotto come li conosciamo oggi.
Nel 1919 aprì la sua "Casa d’Arte Futurista", a Rovereto, un'agenzia pubblicitaria ante litteram dove cominciò la lunga avventura. Già nel Manifesto per una Ricostruzione Futurista dell’Universo del 1915, firmato insieme a Balla, Depero aveva espresso con chiarezza la programmatica l'intenzione di superare pittura e scultura, in un’ottica di ludica comunicabilità che fondesse l'arte e la vita pratica.
“L’arte deve marciare di pari passo all’industria, alla scienza, alla politica, alla moda del tempo, glorificandole", ma senza asservirsi completamente. L'estro creativo e dinamico non può essere domato, ma allo stesso tempo può essere concretizzato in oggetti o grafiche pubblicitarie. Depero sperimentò nuovi lettering e studiò illustrazioni dai colori accesi, caratterizzate da un forte impatto visivo; per catturare l'attenzione del consumatore non temeva di realizzare figure astratte e frastornanti. D'altronde l'arte della pubblicità deve essere "gioconda, spavalda, esilarante ed ottimista”, ma anche concisa ed esplicita.
A noi piace tanto attaccare gli adesivi con scritto less is more sul laptop, ma è facile dopo quasi un secolo di arte astratta e minimalista. L'arte pubblicitaria rappresentò una sfida costante per Depero che si ritrovava, puntualmente, a dover comunicare messaggi e novità, in un gioco di estrema sintesi e impatto.
Il suo contributo fu talmente innovativo che rivoluzionò il linguaggio dei manifesti pubblicitari. Spazzò via le volute floreali e le figure leggiadre dell'Art Nouveau, che ancora influenzava la grafica delle locandine, sostituendole con forme essenziali e colori sgargianti. I caratteri tipografici forti diventavano, per la prima volta, parte integrante della composizione; in alcuni casi sostituiscono il prodotto stesso. Proprio lo studio del lettering deperiano fece scuola, approdando su opuscoli, volantini e manifesti: gli antenati delle moderne infografiche e grafiche editoriali.
L'artista, insomma, non doveva isolarsi, ma vivere il dinamismo del mondo contemporaneo e mettere la propria creatività non solo a disposizione della pubblicità, ma anche dell'industria: vero motore del futuro. L'applicazione dell'arte alla vita quotidiana non poteva prescindere dall'intervento processo concreto di realizzazione del prodotto.
Nel 1932 progettò il design dell'iconica bottiglia di Campari: la forma a calice rovesciato, senza etichetta e con una texture inconfondibile che ha reso l'aperitivo italiano famoso in tutto il mondo. Un prodotto innovativo e frizzante già nella confezione, rivoluzionaria rispetto alle forme dolci e levigate in voga all'epoca e per la quale Depero si ispirò ad alcuni lavori precedenti.
Non si trattò semplicemente del disegno di una bottiglietta; la creazione del contenitore corrispose al lancio di un nuovo brand: il primo aperitivo monodose firmato Campari. Depero comprese, insieme all'imprenditore illuminato Davide Campari, che il prodotto per affermarsi sarebbe dovuto essere immediatamente riconoscibile agli occhi di un consumatore distratto (ed erano ancora gli anni '30), la cui attenzione andava sollecitata. Anche la realizzazione dei manifesti Campari, previsti dalla strategia comunicativa elaborata dalla Casa d'Arte Futurista, rispondevano allo stesso bisogno di distinguersi.
Ancora oggi i manifesti di Fortunato Depero sono iconici, testimonianze di un minimalismo colorato ancora palpitante; ancora oggi la bottiglietta del Campari ci stupisce per la sua attualità e per la modernità delle linee, a dimostrazione di una visionarietà davvero fuori dal comune e a buon diritto considerata iniziatrice del design.
Forse mai come durante il periodo futurista le arti figurative e la comunicazione pubblicitaria andarono nella stessa direzione. Tuttavia, anche nei decenni successivi alcuni grandi nomi del design italiano hanno saputo farsi notare nel panorama internazionale. Uno tra tutti? Bruno Munari.