Pittore certo, ma anche scultore, disegnatore, grafico, editore, scrittore, designer, pubblicitario, consulente aziendale. Nato nel 1908, Munari è riuscito a preannunciare gli influssi e le mode più attuali grazie alle sue opere, alla sua curiosità artistica e alle sue originali creazioni.
Persino le tematiche affrontate nei libri da lui scritti riescono ad anticipare dibattiti scottanti e fortemente attuali. Quanti professionisti del settore si pongono, per esempio, la seguente domanda: “il designer è un artista?”
Nel libro “Artista e designer”, Munari analizza la questione molto a fondo per dare una risposta al quesito.
L’artista vede esattamente quello che pensa e allo stesso modo lo ritrae nella sua opera d’arte. Il designer, invece “non sa che forma avrà l’oggetto che sta progettando finché non avrà risolto e armonizzato creativamente tutte le componenti del problema”. Il risultato finale è sempre una sorpresa.
Il designer, secondo Munari, non ha una visione personale del mondo, nel senso estetico, ma un modo per affrontare i problemi. Il designer è uno che lavora con la logica e non con l’estetica: se un oggetto o un’immagine è bella, è perché è prima di tutto buona per l’uso.
In sostanza quello che Munari voleva sostenere è che l’artista lavora con la fantasia e il designer con la creatività, dando vita a produzioni grafiche che hanno uno scopo di utilità.
Il discorso sul metodo della creatività è così complesso che, per alcune figure professionali e, prima di tutto per lo stesso Munari, si può affermare a buon diritto che il designer è un artista che ha piegato la sua fantasia a vantaggio della creatività: gli da un ordine, la organizza e la trasforma in metodo.
Perché per fare il graphic designer bisogna avere un forte spirito di “problem solving” che l’artista non ha.
Il lascito di Bruno Munari è proprio questo, la consapevolezza che il graphic designer è una figura professionale che sa rispondere e risolvere un problema, sia esso di immagine, di identità visiva o di “svecchiamento”. Diventa un punto di riferimento per aziende e privati che cercano un modo per emergere dalla massa e distinguersi.
Ecco perché le opere di Munari sono sempre riconoscibili, pur non avendo uno stile ben definito. Il graphic design moderno è quello che rinuncia a griglie troppo stringenti e riesce a dominare una cultura vasta e complessa che tende comunque a semplificare, ad alleggerire.
“Progresso è quando si semplifica e non quando si complica.”
Aderì al secondo Futurismo appena adolescente e ancora molto giovane creò le Macchine Inutili (1933), parenti prossime alle Macchine celibi di Duchamp.
Nel 1948, Bruno Munari fonda il MAC, Movimento Arte Concreta, che rinuncia all'immagine naturalistica per flirtare con il design, con l'industria, ad anticipare quel boom economico destinato a esplodere negli anni 50.
Munari diventa consulente aziendale, lavora come art director, disegna e produce libri per l'infanzia i bambini e nel 1967 tiene presso la Harvard University un ciclo di cinquanta lezioni sui temi della comunicazione visiva (di queste: Design e comunicazione visiva, Arte come mestiere, Artista e designer, Fantasia, Da cosa nasce cosa.)
Continua ad occuparsi di infanzia e pedagogia, due argomenti importantissimi per la sua poetica, tanto da pubblicare e illustrare libri su questa materia (per case editrici come Einaudi, Mondadori e molte altre) e organizzare dei corsi/laboratori non solo per i più piccoli, ma anche per gli anziani sotto il titolo di “Ritrovare l’infanzia”.
Famosa la sua collaborazione con Gianni Rodari per una celebre collana di libri per per bambini.
“Conservare l'infanzia dentro di sé vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare.”
Fonti: http://www.munart.org · https://www.edufrog.it/bruno-munari · https://www.doppiozero.com/materiali/bruno-munari-creativita · https://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/meglio-bruno-munari-lartista-totale-che-rivoluzion-design-1368979.html